Il lessico della meditazione buddhista

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Di seguito, alcuni fra i termini utilizzati più di frequente in ambito buddhista per descrivere i vari aspetti della meditazione.

1: Bhāvanā
Il termine Bhāvanā, tradotto spesso con ‘meditazione’, indica il percorso di sviluppo interiore, la coltivazione del Dharma, e non solo la pratica della meditazione.

2: Sati

Il Vocabolo pali sati significa ‘ricordare’, che in italiano a sua volta vuol dire ‘riportare al cuore’; Nelle discipline indiane come il Buddhismo, il cuore è considerato il fulcro dell’esperienza intellettuale ed emotiva, la sede della mente, e per questa ragione, l’atto di riportare qualcosa all’attenzione della mente era detto ri-cor-dare.

Quando si tratta di riportare all’attenzione della mente eventi accaduti nel passato si parla di ricordo, mentre se si sta prestando attenzione a qualcosa che sta accadendo nel momento presente parliamo di presenza o consapevolezza. Sati è così sinonimo di consapevolezza o attenzione al presente. l’attenzione al presente di cui parla il Buddha è consapevolezza diretta, ma tuttavia è pur sempre consapevolezza di qualcosa  a cui stiamo deliberatamente prestando attenzione.

3: Sampajañña

La chiara comprensione. Se il compito della sati è di riconoscere quanto sta accadendo per quello che è (sono arrabbiato e riconosco di esserlo), quello di Sampajañña è di comprendere chiaramente che quello stato di rabbia con i quale mi sono identificato, è di per se doloroso, oltreché mutevole e contingente. (c’è rabbia in me, ma è uno stato emotivo doloroso che passerà e se ne andrà come tutte le altre volte, non è mio, non è il mio Sé..). Il binomio sati-Sampajañña è quindi lo strumento per eccellenza nel sentiero verso l’emancipazione dalla sofferenza emotiva. in sintesi , Sati è osservazione, Sampajañña è chiara comprensione.

4: Satipaṭṭhāna
I Quattro fondamenti della consapevolezza (in pali Satipaṭṭhāna) sono la TECNICA, l’insieme dei metodi e degli oggetti di meditazione impiegati per sviluppare (Bhāvati) la consapevolezza;

5: Jhāna
Jhāna deriva dalla radice verbale Jhay, che letteralmente significa ‘soffermarsi’, ‘dimorare’ o ‘focalizzare’ ed è l’ ESPERIENZA stessa della meditazione, lo stato meditativo a carattere progressivo che si sviluppa focalizzando la consapevolezza su un oggetto (rūpa) meditativo fra quelli esposti ne i Quattro fondamenti della consapevolezza.
Lungi dall’essere uno stato di concentrazione privo di consapevolezza, Il Jhāna è uno stato di consapevolezza ed equanimità (upekkhāsati) oltre le esperienze di dolore o felicità (adukkhaṃ asukhaṃ).

6: Samādhi
Termine spesso tradotto come ‘concentrazione’, deriva dalla radice verbale sam-a-dha, il tenere (dha) assieme (sam), ed indica l’UNIFICAZIONE della consapevolezza con l’oggetto di meditazione, uno stato di contemplazione profonda dove le varie fasi dell’esperienza meditativa (Jhāna) sono pienamente sviluppate e padroneggiate dal meditante. E’ sinonimo di Samatha.

7:Vipassanā

Il termine ha origine dall’unione di due vocaboli: il prefisso ‘vi’,  deriverebbe dal termine visesana, ‘distiguere’, oppure da vividha, ‘differente’; invece, il vocabolo passanā, tradotto con ‘visione’, è il participio presente di passati, ‘vedere’ , nell’accezione astratta di comprendere. 

Il termine vipassanā non sta ad indicare una tecnica di meditazione ma la chiara visione  della vera natura delle cose (Dharma), la comprensione dei processi alla base della sofferenza, esperiti nella loro vera natura di fenomeni transitori, dolorosi ed effimeri.

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