
“Sīlaṃ samādhi paññā ca,
vimutti ca anuttarā;
Anubuddhā ime dhammā,
gotamena yasassinā.
Iti buddho abhiññāya,
dhammamakkhāsi bhikkhunaṃ;
Dukkhassantakaro satthā,
cakkhumā parinibbuto”ti.
“Etica, raccoglimento, saggezza e l’incomparabile liberazione;
tali elementi furono compresi dall’illustre Gotama.
Avendo realizzato ciò, Il Buddha lo insegnò ai monaci.
Il maestro mise mette fine alla sofferenza,
sperimentando la completa emancipazione.”
(Attasūriyasutta)
In un articolo precedente abbiamo parlato del concetto di Dharma e dei vari significati che questo termine ricopre; In questo nuovo articolo discuteremo della figura del Buddha, che assieme allo stesso Dharma e al Sangha forma il cosiddetto triplice gioiello, il fondamento della pratica per ogni praticante buddhista.
Definizione di Buddha
Il termine Buddha è il participio passato di Bujjhati che vuol dire ‘risvegliato’. Questo termine deriva dalla radice del verbo Bujjh, ‘conoscere’, ‘comprendere’, ‘essere svegli’.
Un Buddha non è né una figura divina né un profeta, ma una grande persona (mahāparisa) che ha realizzato la vera natura dell’esistenza, emancipandosi dal doloroso ciclo di nascita, vecchiaia e morte.
In India, l’appellativo di Buddha è da sempre impiegato per designare quei personaggi che hanno raggiunto tale realizzazione, di cui il più famoso fu Siddharta Gautama, il fondatore del Buddhismo.
Tre tipi di Buddha
Ci sono tre tipi di Buddha: Il sammāsambuddha (pienamente risvegliato), il Paccekabuddha (Buddha solitario), ed il Sāvakabuddha (discepolo risvegliato), termine usato nei testi esegetici per definire l’arahant.
Il sammāsambuddha è un individuo che ha realizzato le tra caratteristiche universali, le quattro Nobili Verità e l’origine dipendente senza l’ausilio di alcun maestro, senza seguire alcun sentiero spirituale preesistente.
Il Paccekabuddha ha le stesse realizzazioni del Buddha pienamente risvegliato, ma non possedendo capacità didattiche necessarie, rimane in silenzio godendo dei frutti della liberazione fino al compimento dei suoi giorni.
Un Sāvakabuddha (Arahant) è una persona che ha realizzato la liberazione attraverso una delle tre modalità sopra descritte, avendo prima praticato il sentiero esposto dal Buddha.
Caratteristiche di un Buddha
“Iti pi so Bhagavâ Araham Sammâsambuddho, Vijjâcarana sampanno, Sugato, Lokavidû, Anuttaro Purisa damma sârathi, Satthâ devamanussânam, Buddho Bhagavâti.”
“Beato, Arahant, pienamente risvegliato, dotato di conoscenza e condotta, ben andato, conoscitore del mondo, insuperabile guida degli essi che necessitano di essere guidati, maestro di uomini e dei, il sublime risvegliato”.
Arahant: Un individuo che ha raggiunto la liberazione tramite il proprio sforzo (vedi alla voce Arahant).
Sammâsambuddho : Colui il quale ha completamente realizzato la vera natura delle senza l’aiuto di un maestro e senza seguire alcun sentiero già esistente.
Vijjâcarana sampanno : Un Buddha pienamente risvegliato è dotato sia di saggezza che di condotta etica. Alcuni maestri sono moralmente virtuosi ma privi di saggezza, mentre altri possono avere una grande intelligenza e tuttavia essere privi di etica.
Sugato: ben-andato, colui il quale ha percorso per intero il nobile sentiero che conduce all’estinzione della sofferenza.
Lokavidû : Conoscitore del mondo, dove per mondo si intende l’insieme delle esperienze soggettive relative alle sei coscienze interne, ed il processo di condizionamento che sorge dall’interazione fra soggetto ed oggetto (paṭiccasamuppāda).
Anuttaro Purisa damma sârathi : in virtù delle sue qualità, un Buddha è la guida ideale per condurre quegli individui che necessitano di guida nel percorso verso la liberazione.
Satthâ devamanussânam : Un Buddha è guida sia per gli esseri umani che per il folto mondo degli esseri divini che secondo la mitologia indiana assimilata dal buddhismo popola questo universo. Secondo questa concezione mitologica, gli Dei vivono in stati di esistenza molto raffinati godendo di lunga vita, ma sono tuttavia esseri condizionati dall’ignoranza e pur sempre soggetti a sperimentare il dukkha. Al contrario, un Buddha è un essere libero da ogni forma di condizionamento.
Buddho Bhagavâti : Sublime Risvegliato: Un Buddha è definito tale in quanto ha compreso ciò che deve essere compreso, abbandonato ciò che deve essere abbandonato, realizzato ciò che deve essere realizzato e coltivato ciò che deve essere coltivato.
L’ideale dell’Arahant
Il termine Arahant deriva da Ari, ‘nemico’, e han, ‘distruttore’, e può essere tradotto con ‘Distruttore del nemico’, ove con nemico si intendono i tre veleni interiori radice- ignoranza, avversione e sete.
Una traduzione alternativa è ‘Colui che è degno’, dal verbo ‘arahati’, ‘meritare’, ‘essere degno di’, per via del fatto che nell’antica India, le persone spiritualmente elevate erano considerate meritevoli o degne di ricevere doni, offerte, ospitalità e venerazione (Âhuneyyo, pâhuneyyo, Dakkhi-neyyo,añjalikaraniyo).
Un Arahat è un individuo che, avendo realizzato le tre caratteristiche universali, le quattro nobili verità e l’origine dipendente, ha eliminato i dieci legami (samyojana):
- Credenza nella permanenza di sé (sakkāya-diṭṭhi)
- Dubbio circa la vera natura delle cose (vicikicchā)
- Attaccamento a riti e rituali eccedenti lo scopo della liberazione (sīlabbata-parāmāsa)
- Desiderio sensuale (kāmacchanda)
- Malevolenza (byāpāda)
- Desiderio per l’esistenza formale (estati meditativa con oggetto, rinascita divina) (rūparāga)
- Desiderio per l’esistenza non materiale (estasi meditativa senza oggetto, rinascita divina) (arūparāga)
- presunzione del Sé (māna)
- Inquietudine(uddhacca)
- Ignoranza (avijjā)
Dal punto di vista della realizzazione, non vi è alcuna differenza fra i Buddha i realizzatori solitari e gli arahant. Lo stesso Buddha storico viene a volte definito come Arahant. La differenza fra un Buddha ed un Arahant sta quindi nella modalità attraverso la quale i due tipi di realizzati sono pervenuti al risveglio:
“Tathāgato bhikkhave, arahaṃ sammāsambuddho anuppannassa maggassa uppādetā. Asañjātassa maggassa sañjanetā. Anakkhātassa maggassa akkhātā. Maggaññu maggavidu maggakovido, maggānugā ca bhikkhave, etarahi sāvakā viharanti, pacchā samannāgatā. Ayaṃ kho bhikkhave, viseso ayaṃ adhippāyo, idaṃ nānākaraṇaṃ tathāgatassa arahato sammāsambuddhassa paññāvimuttena bhikkhunāti.”
“Monaci, Il Tathāgata – l’arahant e perfettamente risvegliato – è colui il quale rende manifesto il sentiero non ancora manifesto, che da vita al sentiero non ancora nato, che espone il sentiero non ancora esposto. Egli conosce il sentiero, è esperto del sentiero, devoto al sentiero; i suoi discepoli invece dimorano nel presente perseguendo il sentiero, al fine di realizzarlo. Questa o monaci, è la differenza tra il Tathāgata pienamente risvegliato ed il monaco emancipatosi grazie alla saggezza”.
-Buddhasutta, SN, 22.58
la figura di Bodhisatta nei testi pali
Il termine pali Bodhisatta deriva dal sostantivo Bodhi, traducibile con ‘risveglio’, e dal vocabolo satta, nato a sua volta dal verbo ‘sajjati’, dalla radice verbale sañj, ‘anelare’. Un Bodhisatta è un individuo che aspira, anela al risveglio.
Nei testi del canone pali il termine Bodhisatta è impiegato unicamente in relazione a Siddharta Gotama, nel periodo precedente al risveglio, quando egli era ancora alla ricerca della verità.
Solo successivamente, con la comparsa del Mahayana, il concetto di Bodhisattva venne ad indicare un qualunque praticante la cui aspirazione è quella di ottenere lo stato di Buddha per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Secondo questa scuola, per realizzare lo stato di Buddha occorre seguire la via delle perfezioni (Paramita yana), detta anche via del Bodhisattva.
Rispondi