Saddhā, la fiducia nel sentiero

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“Rāgassa, bhikkhave, abhiññāya pañca dhammā bhāvetabbā.. Saddhindriyaṃ, vīriyindriyaṃ, satindriyaṃ, samādhindriyaṃ, paññindriyaṃ”

“Monaci, per comprendere la passione, si dovrebbero coltivare cinque cose: la facoltà della fiducia, dello forzo entusiastico, della consapevolezza, del raccoglimento e della saggezza”.

(AN 5. 306)

Definizione di fiducia

Il termine Saddhā è un vocabolo composto da due parti: la radice verbale ‘Sad’ indica ciò che è ‘vero’ e quindi ‘buono’, mentre il suffisso ‘dha’, significa invece ‘sostenere’. Saddhā può essere tradotto come “adottare ciò che è vero e buono”.
Nel Paṭi­sam­bhi­dā­magga la Saddhā è definita nei termini di risolutezza (adhimokkha).

Devozione e fiducia

Nei discorsi canonici, il concetto di saddhā è spiegato nei termini di una fiducia nata dalla comprensione (aveccap­pasā­dena), in contrasto con la bhatti (bhakti), la devozione emotiva che prescinde dall’evidenza.

La Saddha come aspirazione alla libertà

A differenza di altri sistemi religiosi, nei quali la fede è un atto di accettazione e abbandono alla volontà di un’entità superiore, l’ideale buddhista di fiducia si fonda su tre fattori:
1: la comprensione dalla natura insoddisfacente dell’esistenza;
2: l’aspirazione alla liberazione;
3: la fiducia che l’insegnamento del Buddha sia il mezzo idoneo a tal fine.

L’aspirazione alla liberazione è basata sull’aver sperimentato personalmente la bontà dell’insegnamento. Il Vimamsaka sutta definisce tale sentimento come una ‘solida fiducia, basata sull’evidenza’ (ākāravatī saddhā dassanamūlikā, daḷhā).

Il Buddha non incoraggiava la fede cieca. Il metodo buddhista è fondato sull’osservazione, l’investigazione e la comprensione della realtà. Dal  Caṅkīsuttam:

“Anche se si ha fede in qualcosa, questa potrebbe risultare vuota[di significato], vana, falsa; tuttavia, anche in assenza di fede, questa potrebbe essere vera e reale, non altrimenti.

Anche se una cosa è apprezzabile…anche se questa è stata trasmessa accuratamente secondo tradizione…anche se appare accettabile…anche se sembra preferibile in base alle proprie convinzioni, questa potrebbe essere vuota, vana e falsa.

Anche se una cosa non sembra piacevole… se differisce dalla tradizione…se appare inaccettabile…anche se non sembra preferibile, in base delle proprie convinzioni, questa potrebbe ugualmente essere vera e reale, non altrimenti.

Per una persona intelligente, interessata a salvaguardare la verità, non è appropriato giungere alla conclusione categorica: ‘questa è l’unica verità, tutto il resto è falso’.


Se una persona ha una certa convinzione, la sua affermazione,’Questa è la mia convinzione’, è in linea con la verità. Ma egli non è ancora giunto alla conclusione definitiva che ‘Solo questo è vero,tutto il resto sono sciocchezze’. In questo modo si salvaguarda la verità.Questo io definisco come il preservare la verità. Tuttavia, ciò non significa ancora l’essersi risvegliati alla verità.”

Fiducia ed esperienza empirica 

Nell’Upanisasutta è detto testualmente che la fiducia ha come fondamento la presa di coscienza della natura dolorosa dell’esistenza:

“Kā ca, bhikkhave, saddhāya upanisā? ‘Dukkhan’tissa vacanīyaṃ”.
“Qual è, monaci, il fondamento della saddhā?  – ‘La sofferenza’: così è da rispondere.”

L’aspirazione alla liberazione è una delle basi fondamentali per generare la fiducia. Tuttavia, la sola fiducia non è sufficiente. Essa deve essere accompagnata dalla saggezza. Nei testi buddhisti spesso leggiamo affermazioni del tipo:

“La nascita è sofferenza, la malattia è sofferenza, la morte è sofferenza; non avere ciò che si desidera è sofferenza, sperimentare ciò che non si desidera è sofferenza, separarsi da ciò che si ama è sofferenza…”

Queste affermazioni non possono essere accettate sulla base della mera fede nel maestro o nell’insegnamento, ma necessitano di essere contemplate e comprese in profondità con saggezza.

Ci si potrebbe chiedere: perché il Buddha ha affermato che nascita, malattia e morte sono sofferenza? Cosa rende il fatto di non avere ciò che si vuole un’esperienza frustranti? Quali fattori trasformano il dolore in sofferenza esistenziale?

Una possibile risposta è che tali esperienze diventano causa di sofferenza allorché vissute sotto l’influenza dei veleni interiori quali il desiderio illusorio, l’avversione e l’ignoranza della realtà.

Questi tre fattori danno vita ad un circolo vizioso nel quale le esperienze sgradevoli vengono trasformate in sofferenza esistenziale.

Tuttavia, la mera conoscenza teorica di questo stato di cose non sarà sufficiente. Non è sufficiente che lo abbia detto il Buddha e che queste sue parole corrispondano alla realtà; la liberazione non può che avvenire sulla base della realizzazione personale di questo stato di cose.

Nel Kalamasutta è spiegato che né la mera accettazione né il rispetto per la tradizione, per i testi o per il maestro sono un criterio valido per la conoscenza, che invece si basa sulla comprensione diretta e personale:

“mā anussavena, mā paramparāya, mā itikirāya, mā piṭaka­sam­padā­nena, mā takkahetu, mā nayahetu, mā ākāra­pari­vitak­kena, mā diṭṭhi­nij­jhā­nak­khan­tiyā, mā bhabbarūpatāya, mā samaṇo no garūti. Yadā tumhe, kālāmā, attanāva jāneyyātha: ‘ime dhammā akusalā, ime dhammā sāvajjā, ime dhammā viññugarahitā, ime dhammā samattā samādinnā ahitāya dukkhāya saṃvattantī’ti, atha tumhe, kālāmā, pajaheyyātha

non accettare sulla base della tradizione, non per il lignaggio, non perché così è stato detto, non perché è incluso nei testi, non per mera logica, non sulla base dell’inferenza, non riflettendo sulle apparenze, non per via delle preferenza accordata ad un punto di vista, non perché sembra plausibile, non perché il predicatore è venerato; Quando avrete compreso da voi stessi  che queste cose sono nocive e biasimevoli, censurate dai saggi, e se  praticate conducono al danno e alla sofferenza, allora dovreste abbandonarle.”

Conclusioni

A questo punto risulterà chiaro che fiducia e saggezza formano un binomio inscindibile. La fiducia sostiene il lavoro introspettivo, che ha sua volta  rafforzerà la nostra fiducia nel sentiero.

 

 

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