“Monaci, proprio come l’alba precede il sorgere del sole, allo stesso modo, la giusta visione è il precursore di ciò che è benefico.”
– Pubbaṅgamasutta, AN 10.121
«Cos’è, o monaci, la corretta comprensione? Ciò che è la conoscenza della sofferenza, conoscenza dell’origine della sofferenza, conoscenza della cessazione della sofferenza, conoscenza del cammino conducente alla cessazione della sofferenza. Questa o monaci, è chiamata corretta comprensione.»
-Magga-vibhanga Sutta, SN, 45.8
La corretta comprensione, detta anche Retta Visione o giusta visione, è la prima, fondamentale presa di coscienza dell’esistenza della sofferenza esistenziale, del fatto che questa ha origine dalle afflizioni, che la sua cessazione dipende dall’abbandono di tali afflizioni e che per poter arrivare alla cessazione è necessario coltivare il sentiero per la liberazione.
Lo sviluppo della corretta comprensione è agevolato da due fattori, uno interno ed uno esterno: 1) l’attenzione saggia o attenzione rivolta all’origine (yonisomanasikāra), e 2) l’esortazione da parte di un Buddha o di un suo discepolo circa la vera natura dell’esistenza:
«Monaci, vi sono due condizioni per il sorgere della giusta visione. Quali due? l’esortazione altrui e l’attenzione saggia».
– Āsāduppajahavagga, AN 2. 126
Lokuttara Magga, Il Sentiero sopramondano
La corretta comprensione è la porta d’accesso allo sviluppo degli altri fattori del sentiero ultramondano (lokuttara magga), la conditio sine qua non per la coltivazione dei restanti fattori culminanti nel giusto raccoglimento; prima di procedere con la spiegazione, è necessario fare una digressione circa la struttura e la natura del Nobile Ottuplice Sentiero, o più propriamente, il l’Ottuplice Sentiero dei Nobili; un praticante è detto nobile o ariya in quanto ha sviluppato la corretta corretta comprensione stessa:
«ariyasāvako sammādiṭṭhi hoti. Ujugatāssa diṭṭhi. Dhamme aveccappasādena samannāgato āgato imaṃ saddhammanti ».
«Il Nobile Discepolo possiede la corretta comprensione, la retta visione; possiede la fiducia esperienziale del Dhamma, ha penetrato l’autentico Dhamma ».
Per questa ragione, il Nobile Sentiero non deve essere confuso con la mera pratica dell’etica, della consapevolezza e del raccoglimento meditativo; secondo Peter Harvey :
«Il Nobile Ottuplice Sentiero non è né la pratica generale del Buddhismo, inclusi i livelli ordinari di meditazione samatha e vipassanā, né, come nella visione sviluppata dalla scolastica dell’Abhidhamma, meramente l’istante prima dell’ingresso nella corrente[del risveglio]. È un metodo specifico di approccio composto di otto fattori, un mezzo abile che sorge quando la mente è libera dai cinque ostacoli, come ad esempio durante un sermone sulle Quattro Nobili Verità o quando vi sono un forte samatha (calma) e una forte vipassanā (visione profonda) dei tre segni (impermanenza, insoddisfazione e non-sé)» . [1]
Similmente, nel suo libro Il Nobile Ottuplice Sentiero, Bhikkhu Bodhi scrive: «La meditazione che comporta la visione profonda prende come oggetto le formazione mentali. Il suo compito consiste nella comprensione delle caratteristiche essenziali, i tre segni dell’impermanenza, del carattere insoddisfacente e del non-sé. In questo stadio, perché ancora rivolto al mondo dei fenomeni condizionati, il sentiero riceve il nome di «sentiero mondano» (lokiyamagga). La definizione non presuppone alcun attaccamento al mondo, né a conseguimenti di ordine mondano. L’aspirazione è rivolta alla trascendenza, la meta è la liberazione, ma l’àmbito della consapevolezza resta il mondo fenomenico condizionato. La consapevolezza mondana resta però il veicolo per approdare all’incondizionato, per accedere al sovramondano. La breccia nell’incondizionato è aperta da un tipo di coscienza o fattore mentale chiamato «sentiero sovramondano» (lokottara magga). Il sentiero sovramondano ha la funzione di debellare definitivamente le afflizioni. In precedenza, durante lo sviluppo della concentrazione e della visione profonda, le afflizioni erano soltanto debilitate, controllate e corrette dallo sviluppo mentale. Ma continuavano ad esistere sotto la superficie in forma di tendenze latenti. Con l’ingresso nel sentiero sovramondano, comincia lo sradicamento definitivo » .
Non a caso, nel Mahācattārīsakasutta (MN117), è spiegato che la stessa corretta comprensione ha due livelli, uno funzionale, relativo alla comprensione della legge di causa ed effetto, ed uno ultramondano, relativo alla comprensione della realtà ultima dei fenomeni. La prima è definita come condizionata dagli inquinanti (sāsavā), legata all’acquisizione dei meriti (puññabhāgiyā), e avente come risultato l’acquisizione dei sostrati per una nuova rinascita nel doloroso ciclo del samsara (upadhivepakkā). La seconda è invece definita come propria di una mente nobile (ariyacittassa) libera dalle afflizioni (anāsavacittassa), dotata del nobile sentiero (ariyamaggasamgino), e intenta alla sviluppo del nobile sentiero (ariyamaggaṃ bhāvayato):
«Qual è, monaci, la corretta comprensione nobile, priva di contaminazioni, trascendente il mondo, parte integrante del sentiero? la saggezza, la facoltà della saggezza, il potere della saggezza, l’investigazione della realtà come fattore conducente al risveglio…questa è la corretta comprensione nobile, priva di contaminazioni, trascendente il mondo» .
Il Micchatta Sutta (AN 10, 103) chiarisce ulteriormente questo punto:
«In chi possiede la corretta comprensione, sorgerà la corretta intenzione; in chi possiede la corretta intenzione, sorgerà la corretta parola; in chi possiede la corretta parola, sorgerà l’azione corretta; in chi possiede la agire corretto, sorgerà lo stile stile di vita corretto; in chi possiede lo stile di stile di vita corretto, sorgerà la corretta applicazione; in chi possiede la corretta applicazione, sorgerà la corretta consapevolezza; in chi possiede la corretta consapevolezza, sorgerà il corretto raccoglimento; in chi possiede il corretto raccoglimento, sorgerà la corretta conoscenza (sammā-ñāṇa); in chi possiede la corretta conoscenza sorgerà la corretta liberazione (sammā-vimutti)».
Tuttavia, la corretta comprensione necessita dell’ausilio degli altri elementi del Nobile Sentiero:
«Egli si impegna nell’abbandonare l’errata comprensione, nel dimorare secondo la corretta comprensione: ciò è in lui corretto sforzo; consapevole abbandona l’errata comprensione, consapevole accede e dimora nella corretta comprensione: ciò è in lui corretta consapevolezza. In questo modo, questi tre elementi ruotano attorno alla corretta comprensione, ovvero: corretta comprensione, corretto sforzo e corretta consapevolezza.»
La corretta comprensione e la Via di mezzo
Nel Kaccānagottasutta (Samyutta Nikaya 12.15) il Buddha spiega il concetto di corretta comprensione in relazione ai due punti di vista erronei di eternalismo e nichilismo, esponendo poi il principio della via di mezzo e dell’origine dipendente. Questo discorso è reputato essere fra le fonti di ispirazione del teorico della via di mezzo Nāgārjuna. Di seguito il testo integrale del discorso:
Quindi, il venerabile Kaccāna-gotta si recò dal Beato; avendolo raggiunto, lo salutò e gli si sedette accanto. Sedendogli accanto, il venerabile Kaccāna-gotta disse al Beato:
«La giusta visione, la giusta visione, o bhagavā, così si dice. Ma in che misura, signore, vi è la giusta visione?»
«Kaccāna, il mondo si fonda in larga parte sulla dualità fra esistenza e non-esistenza. Ma per chi saggiamente vede secondo realtà il sorgere del mondo, non vi è alcuna nozione circa la non esistenza del mondo. E per colui il quale saggiamente vede secondo realtà la cessazione del mondo, non vi è alcuna nozione circa l’esistenza del mondo.
Kaccāna, questo mondo è in larga parte incatenato dall’inclinazione all’afferrare e ad attaccarsi. Ma colui che non persegue questo afferrare, questo attaccamento, questa fissazione mentale e questa tendenza latente all’indulgenza, non si afferra e non indulge nell’idea: ‘questo è il mio sé’.
In questo modo, egli non è perplesso né nutre dubbi in riguardo al fatto che ‘ciò che sorge è mera sofferenza, ciò che si dissolve è mera sofferenza’; la sua conoscenza non dipende da fattori esterni. In questo senso, o Kaccāna, vi è la corretta comprensione.
‘Tutto esiste’, questo, Kaccāna, è un estremo; ‘nulla esiste’, questo, Kaccāna, è il secondo estremo. Abbandonando entrambi gli estremi, il Tathāgata insegna la dottrina di mezzo: L’ignoranza determina le intenzioni; le intenzioni determinano la cognizione; la cognizione determina l’ideazione e la materia[1]; ideazione e materia determinano le sei basi sensoriali; le sei basi sensoriali determinano il contatto; il contatto determina la sensazione; la sensazione determina la sete; la sete determina l’afferrarsi; l’afferrarsi determina l’essere; l’essere determina la nascita; la nascita determina decadimento e morte; In questo modo hanno origine il dolore e l’angoscia, la sofferenza e la tristezza. Così ha origine l’intera massa della sofferenza.
Ma con la cessazione dell’ignoranza, cessano le intenzioni; con la cessazione delle intenzioni cessa la cognizione; con la cessazione della cognizione, cessa l’ideazione e la materia; con la cessazione di ideazione e materia cessano le sei basi sensoriali; con la cessazione delle sei basi sensoriali cessa il contatto; con la cessazione del contatto cessa la sensazione; con la cessazione della sensazione cessa la ‘sete’; con la cessazione della ‘sete’ cessa l’afferrarsi; con la cessazione dell’afferrarsi cessa l’essere; con la cessazione dell’essere cessa la nascita; con la cessazione della nascita, cessano decadimento e morte. In questo modo cessano il dolore e l’angoscia, la sofferenza e la tristezza. Così si dissolve l’intera massa della sofferenza» .
Coltivare la corretta comprensione
Vi sono diversi percorsi che è possibile intraprendere per realizzare la corretta comprensione, la porta d’accesso al sentiero sopramondano; il Sammādiṭṭhi Sutta (MN9) elenca le seguenti modalità:
Realizzando ciò che è salutare e ciò che malsano, o in alternativa, realizzando cosa sia il «nutrimento», della sofferenza, la sua origine, la sua cessazione e la via che conduce alla cessazione; oppure, realizzando le Quattro Nobili Verità stesse, l’origine dipendente e infine la natura delle afflizioni stesse. Per concludere, citiamo ancora un volta il venerabile Bodhi: «La liberazione è frutto inevitabile del sentiero, portato a maturazione da una pratica costante e sentita. La meta esige due requisiti soltanto: cominciare e continuare».
NOTE
1. nāmarūpa “ideazione e materia”, “nome e forma”, “psicosoma”; secondo i sutta: «Sensazione, percezione, intenzione, contatto e attenzione— ciò è chiamato ideazione; I quattro elementi primari e la forma derivata dai quattro elementi primari— ciò è detta materia.»
BIBLIOGRAFIA
Harvey, Peter, The Nature of the Eight-factored Ariya,Lokuttara Magga in the Suttas Compared to thePali Commentarial Idea of it as Momentary, 2009,
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