Maurice O’Connell Walshe
In senso stretto, il termine Pāli significa ‘testo’, e tuttavia, l’espressione Pālibhāsā, ‘il linguaggio dei testi’, venne intesa dai primi studiosi come indicante il nome della lingua stessa. Il suo impiego è di fatto limitato al buddhismo, in particolare alla scuola Theravāda. L’origine esatta del Pālibhāsā è oggetto di dibattito accademico.
Non possiamo approfondire questo argomento in questa sede, ma possiamo affermare che l’equazione tradizionale con la lingua dell’antico regno del Maghada, e l’asserzione che il Pāli corrisponda precisamente con la lingua parlata dallo stesso Buddha, non è sostenibile.
Allo stesso modo, sappiamo che la lingua parlata dal Buddha fosse molto probabilmente non molto diversa dal Pāli.
Dal punto di vista non specialistico, possiamo pensare al Pāli come ad una forma di sanscrito semplificato. Il suo sviluppo, come nel caso di altri dialetti indiani antichi, può essere paragonato a quello dell’italiano antico, sviluppatosi dal Latino. Prendiamo ad esempio il termine ‘sette’, dove il Latino ‘septem’ è diventato ‘sette’ in italiano attraverso la semplificazione tramite assimilazione del morfema ‘pt’ in ‘tt’.
L’equivalente sanscrito sapta diventa satta in Pāli, ed altre semplificazioni di questo genere sono rintracciabili in centinaia di termini.
Anche la grammatica è stata sensibilmente semplificata, seppur non così tanto come quella italiana. Tuttavia, le due lingue sono così affini che è possibile tradurre interi passaggi scritturali dal sanscrito al Pāli semplicemente operando le necessarie trasposizioni meccaniche. (ad esempio : Mārga (sentiero) in sanscrito diventa Māgga in Pāli; Agni ( fuoco) diventa aggi in Pāli. )
Per coloro i quali fossero interessati a studiare il Pāli, consigliamo il portale www.palibhasa.com, contenente una grande quantità di risorse utili a tale proposito.
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