Evaṃ me sutaṃ— ekaṃ samayaṃ bhagavā sāvatthiyaṃ viharati jetavane anāthapiṇḍikassa ārāme. Tena kho pana samayena bhagavā rattandhakāratimisāyaṃ abbhokāse nisinno hoti telappadīpesu jhāyamānesu.
Così ho udito: in una certa occasione, il Sublime dimorava a Sāvatthi, nel bosco Jeta, nel monastero di Anāthapiṇḍika. In quell’occasione, nel periodo in cui la notte è più scura, il Sublime stava seduto all’aria aperta alla luce delle lampade ad olio.
Tena kho pana samayena sambahulā adhipātakā tesu telappadīpesu āpātaparipātaṃ anayaṃ āpajjanti, byasanaṃ āpajjanti, anayabyasanaṃ āpajjanti. Addasā kho bhagavā te sambahule adhipātake tesu telappadīpesu āpātaparipātaṃ anayaṃ āpajjante, byasanaṃ āpajjante, anayabyasanaṃ āpajjante.
In quell’occasione, un grande numero di Falene, cadendo dentro quelle lampade ad olio, andarono in contro a rovina e disgrazia, a rovina e distruzione. Il Sublime vide quindi quella grande quantità di falene riversarsi dentro quelle lampade ad olio andare in contro a rovina, andare in contro a disgrazia, andare in contro a rovina e distruzione.
Atha kho bhagavā etamatthaṃ viditvā tāyaṃ velāyaṃ imaṃ udānaṃ udānesi:
Quindi il Sublime, avendo compreso il significato di ciò, profferì questi versi ispirati:
“Rincorrendo senza mai arrivare all’essenza
Navaṃ navaṃ bandhanaṃ brūhayanti;
generando sempre nuovi legami.
Patanti pajjotamivādhipātakā
Come falene cadute nelle fiamme
Diṭṭhe sute itiheke niviṭṭhā”ti.
In tanti, invero, rimangono intrappolati in quanto visto o udito.”
-Upātisuttaṃ 59,Udāna 6.9
Come falene nelle fiamme, non sappiamo cosa siamo e non abbiamo un vero rifugio, dove ci muoviamo troviamo qualcosa che brucia prima o poi. Ma vedendo che le cose bruciano le falene si terranno alla larga ..
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