Così ho udito: Una volta il Sublime dimorava presso Sāvatthī, nel bosco Jeta, al monastero di Anāthapindika. I quel tempo ad un certo padre di famiglia era morto l’unico, amato, adorato figlioletto. Per tale morte egli non pensava più al lavoro né al cibo; girando sempre per il cimitero, egli gemeva: “Dove sei tu, piccino mio; dove sei?”
Quel padre di famiglia si recò là dove era il Sublime, e quando fu giunto, lo salutò riverentemente e si sedette accanto. Al padre di famiglia che gli sedeva accanto, il Sublime disse: “Non mi sembri di animo tranquillo: vi è un turbamento delle tue facoltà.”
“E come, Signore, non potrebbe essere diversamente? Mi è morto l’unico adorato figlioletto! Dalla sua morte non penso più al lavoro, né al cibo: giro sempre per il cimitero lagnandomi dell’accaduto.”
“Così è, padre di famiglia! Ciò che si ama dà affanno, tormento, dolore, tristezza e disperazione.”
“E a chi mai, Signore, viene in mente questo: che affanno, dolore e disperazione vengono dall’amore? Ciò che si ama dà gioia e soddisfazione!”
Quindi ora quel padre di famiglia, riprovando e biasimando le parole del Sublime, si alzò dal suo posto e se ne andò. Proprio allora, non molto lontano dal Sublime s’erano riuniti per giocare, molti giocatori di dadi. E quel padre si diresse verso di loro e raccontò ciò che gli aveva detto il Sublime. E i giocatori: “Così è, padre di famiglia! Ciò che si ama, padre di famiglia, dà gioia e soddisfazione.”
Allora il padre, sentendosi d’accordo con i giocatori, se ne andò. Ma questa discussione, diffondendosi a poco a poco, pervenne alla corte del re del Kosala Pasenadi che così si rivolse alla regina Mallikā: “Senti che dice il tuo asceta Gotama: ciò che si ama dà affanno, tormento, dolore, tristezza e disperazione!”
“Se il Sublime, gran re, ha detto così, è così!”
“Sempre così dunque questa Mallikā; qualunque cosa dica l’asceta Gotama, subito ella lo approva: ‘Se il Sublime ha detto così, è così!’ Così come qualunque cosa un maestro dica al discepolo, subito il discepolo l’approva: ‘Così è, maestro; così è!’ Così fai tu, Mallikā: qualunque cosa dica l’asceta Gotamo, tu l’approvi; lascia perdere, Mallikā, falla finita!’”
Allora la regina Mallikā si rivolse al brāhmana Nālijangha: “Vai tu, brāhmana, dove si trova il Sublime, inchinati da parte mia ai suoi piedi ed auguragli salute, prosperità, vigore, forza e benessere, e digli: ‘È stato detto questo dal Sublime: Ciò che si ama dà affanno, tormento, dolore, tristezza e disperazione?’ E come il Sublime ti risponde, ben intendendo, mi riferirai. Perché i Compiuti non parlano a vuoto!”
E il brāhmana Nālijangha fece come gli era stato ordinato, ed il Sublime gli rispose: “Così è, brāhmana; così è! Però si deve secondo i casi intendere come ciò accade. Una volta proprio qui in Sāvatthī, ad una donna era morta la madre. Ella, resa per quella morte demente e folle, girando per le strade e le piazze gridava: ‘Avete visto mia madre, l’avete vista?’
Un’altra volta ad una donna era morto il padre..il fratello..la sorella..il figlio..la figlia..il marito. Ella, resa per quella morte demente e folle, girando per le strade e le piazze gridava: ‘Avete visto. mio marito?’
Ad un certo uomo era morta la madre..il padre..il fratello..la sorella..il figlio..la figlia..la moglie. Ed egli reagì proprio come quella donna.
Una volta, brāhmana, proprio qui a Sāvatthī, una certa donna si trovava nella casa dei suoi parenti che, strappandola al suo sposo, desideravano darla ad un altro; ma lei non voleva. Allora la donna raccontò tutto allo sposo. Questi, pensando: ‘Morti saremo uniti!’, ammazzò la moglie e si uccise.
Perciò si deve intendere secondo i casi che ciò che si ama dà affanno, tormento, dolore, tristezza e disperazione.”
Nālijangha il brāhmana, approvando e lodando le parole del Sublime, ritornò dalla regina Mallikā e le riferì l’intera conversazione. Dopo di che la regina si recò presso il re Pasenadi e gli disse: “Tu che pensi, gran re: è amata da te tua figlia Vajīrī?”
“Certo, Mallikā!”
“Se capitasse una disgrazia a tua figlia, non proveresti affanno, tormento, dolore, tristezza e disperazione?”
“Se le capitasse una disgrazia, ne andrebbe della mia vita: come potrei non provare affanno, tormento, dolore, tristezza e disperazione?”
“Proprio riferendosi a questo il Sublime, il pienamente risvegliato, ha detto: ‘Ciò che si ama dà affanno, dolore e disperazione’. Gran re, tu ami la principessa Vāsabhā?”
“Certamente!”
“Se le capitasse una disgrazia, non proveresti affanno, dolore e disperazione?”
“Se le capitasse una disgrazia, ne andrebbe della mia vita: come potrei non provare affanno, tormento, dolore, tristezza e disperazione?”
“Tu vuoi bene a Vidūdabha, il capo dell’esercito?”
“Sì, Mallikā!”
“E se gli capitasse una disgrazia non proveresti affanno, dolore e disperazione?”
“Certo! Come potrei non provare quei sentimenti?”
“Ed io ti sono cara?”
“Sì, Mallikā! Mi sei cara.”
“E se capitasse a me una disgrazia?”
“Ne andrebbe della mia vita: come potrebbe essere altrimenti?”
“E ti è caro il tuo regno di Kāsi-Kosala?”
“Sì, Mallikā, mi è caro. Per la sua ricchezza si può godere di seta e sandalo, di fiori, di essenze e profumi.”
“Se al tuo regno avvenisse un accidente, non proveresti affanno, dolore e disperazione?”
“Naturalmente!”
“Proprio riferendosi a tutte queste cose il Sublime ha fatto quella affermazione.”
“È mirabile, Mallikā, è stupendo come il Sublime, penetrando tutto con perfetta conoscenza, discerne tutto! Suvvia, Mallikā, esulta!”
Ed il re del Kosala Pasenadi, alzandosi dal suo seggio, denudandosi una spalla e giungendo le mani nella direzione del Sublime, ripeté tre volte il saluto:
“Rendo omaggio al Sublime, all’arahant, pienamente risvegliato, Rendo omaggio al Sublime, all’arahant, pienamente risvegliato, Rendo omaggio al Sublime, all’arahant, pienamente risvegliato!
-MN, 87.
Adattamento sulla base della traduzione edita dal sito: http://www.suttacentral.net
Bellissimo questo insegnamento, il Budda voleva insegnarci a vedere oltre l’apparenza delle cose. Solo vedendo come stanno realmente le cose possiamo trovare la serenità.
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