Il Nobile ottuplice sentiero: Il retto sforzo

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Katamo ca bhikkhave, sammāvāyāmo: idha bhikkhave, bhikkhu anuppannānaṃ pāpakānaṃ akusalānaṃ dhammānaṃ anuppādāya chandaṃ janeti vāyamati viriyaṃ ārabhati cittaṃ paggaṇhāti padahati. Uppannānaṃ pāpakānaṃ akusalānaṃ dhammānaṃ pahānāya chandaṃ janeti vāyamati viriyaṃ ārabhati cittaṃ paggaṇhāti padahati. Anuppannānaṃ kusalānaṃ dhammānaṃ uppādāya chandaṃ janeti vāyamati viriyaṃ ārabhati cittaṃ paggaṇhāti padahati. Uppannānaṃ kusalānaṃ dhammānaṃ ṭhitiyā asammosāya bhiyyobhāvāya vepullāya bhāvanāya pāripūriyā chandaṃ janeti vāyamati viriyaṃ ārabhati cittaṃ paggaṇhāti padahati, ayaṃ vuccati bhikkhave, sammāvāyāmo.

“E cos’è, o Monaci, lo sforzo corretto? ecco monaci, un monaco genera desiderio, si applica, suscita energia, applicazione mentale e impegno al fine di impedire che stati mentali non salutari non ancora sorti possano sorgere; Genera desiderio, si applica, suscita energia, applicazione mentale e impegno al fine di abbandonare gli stati mentali non salutari già sorti; Genera desiderio, si applica, suscita energia, applicazione mentale e impegno al fine di generare stati mentali salutari non ancora sorti e genera desiderio, si applica, suscita energia, applicazione mentale e impegno al fine di stabilizzare, mantenere, incrementare, estendere, sviluppare e completare quegli stati mentali salutari già sorti. Questo, o monaci, è lo sforzo corretto.”

La pratica del retto sforzo ha la funzione di preparare il terreno allo sviluppo della retta consapevolezza e del retto raccoglimento; ciò avviene purificando la mente dalla presenza ingombrante dei cinque ostacoli principali (pañcanīvaraṇa) attraverso la coltivazione dei relativi antidoti; Per accedere allo stato di meditazione profonda, si devono innanzitutto abbandonare i cinque ostacoli principali: Desiderio sensuale, avversione, torpore e pigrizia, agitazione e rimorso, dubbio. Per fare ciò, il praticante impiegherà gli antidoti specifici per ciascun ostacolo, che sono rispettivamente:

1:Desiderio sensuale: Contemplare gli svantaggi della sensualità e la sgradevolezza degli oggetti dei sensi; riflettere sulla natura instabile ed insoddisfacente della sete di piacere e dell’insostanzialità delle cose.

2:Avversione: coltivare la meditazione di amorevole gentilezza, compassione, gioia altruistica ed equanimità.

3:Torpore e pigrizia: Il riflettere sulla morte e l’impermanenza, la meditazione camminata o stando in piedi; in meditazione, aprire gli occhi, lavarsi la faccia, strofinarsi il viso con le mani, tirare delicatamente i lobi delle orecchie, o in ultima analisi, andare a riposare.

4:Agitazione e rimorso: La contemplazione del respiro;

5:Dubbio: Per quanto riguarda il dubbio sulla pratica, bisogna approfondire gli aspetti teorico pratici sui quali si nutrono dubbi con un istruttore o persona competente, praticare e fare esperienza ‘sul campo’, mentre Il dubbio circa la natura dell’esistenza viene dissolto nel momento in cui viene pienamente realizzata l’origine dipendente dell’esistenza condizionata stessa, e la natura illusoria dell’Io sostanzialmente esistente che dubita circa la sua stessa modalità d’esistere.

Nel discorso a Meghiya il Buddha spiega:

“meghiya, bhikkhunā..cattāro dhammā uttari bhāvetabbā—asubhā bhāvetabbā rāgassa pahānāya, mettā bhāvetabbā byāpādassa pahānāya, ānāpānassati bhāvetabbā vitak­kupac­che­dāya, aniccasaññā bhāvetabbā asmi­māna­samug­ghātāya. Aniccasaññino hi, meghiya, anattasaññā saṇṭhāti, anattasaññī asmi­māna­samug­ghātaṃ pāpuṇāti diṭṭheva dhamme nibbānan”ti.

“Meghiya, un monaco dovrebbe coltivare questi quattro dhamma superiori: La percezione della sgradevolezza deve essere coltivata al fine di abbandonare la passionalità; l’amorevole gentilezza deve essere coltivata al fine di abbandonare la malevolenza, la consapevolezza del respiro deve essere coltivata al fine di placare il pensiero compulsivo, la percezione dell’impermanenza deve essere coltivata al fine di sradicare la presunzione dell’ ‘Io sono’. Meghiya, colui che percepisce l’impermanenza si stabilisce nella percezione del non-sé, e colui che percepisce il non-sé, sradica la presunzione dell’ ‘Io sono’, e realizza nel qui e ora la liberazione.”

-Meghiyasutta, Ud.4.1

Le meditazioni citate in questo articolo saranno descritte separatamente e pubblicate nella sezione dedicata alla meditazione di questo blog.

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