Cos’è il Buddhismo?
Il Buddhismo è ritenuto una filosofia di vita per la maggior parte del genere umano, ma c’è da dire che la parola “filosofia” non riassume a pieno il concetto di Buddhismo. Perché? Diciamo che la filosofia spiega vari eventi su un livello formale, di parole e idee, mentre il Buddhismo lavora con la nostra quotidianità offrendo soluzioni anche al più piccolo dei problemi.
Il tutto è fondato sul Dharma, ovvero gli insegnamenti dell’Illuminato, il Buddha Gautama, colui che ha scoperto le quattro nobili verità dell’esistenza umana.
La Storia del Principe Siddharta, Il Buddha
Il Buddha, il cui nome era Siddharta Gautama, visse nell’India del Nord nel VI sec. a.C. Il Buddha nacque, durante il viaggio che doveva portare la regina Mahamaya, moglie del Re degli Sakya, il nobile guerriero Suddhodana, a partorire il primo figlio nella casa paterna, secondo la tradizione del tempo ma il fato vuole che la giovane regina non raggiungesse mai la casa e partorisse nel bosco di Lumbini (chiamato così visto che vi fiorivano dei fiori assai profumati), mettendo al mondo colui che diventerà poi il Buddha. Si narra che dopo la nascita, il piccolo principe Siddharta, fece sette passi e ad ogni passo fiorirono sette fiori di Loto e al settimo passo pronunciò le seguenti parole:
“Aggo hamasmi lokassa – Diverrò capo a questo mondo
Jettho hamasmi lokassa – Nessuno sarà uguagliabile a me
Settho hamasmi lokassa – Diverrò il supremo
Ayamanthima jathi – Questa è la mia ultima nascita
Natthi dani punabbhavo. – Non ci sarà un’altra nascita per me.”
[Maha Parinibbana Sutta]
Prima di intraprendere la sua ricerca spirituale, il Buddha viveva nell’agio presso il palazzo del padre, seguendo l’educazione necessaria a divenire, un giorno, re di una regione che corrisponde all’incirca all’attuale Nepal.
Poco prima di compiere trent’anni il principe Siddharta incontrò delle persone che stavano vivendo l’esperienza della malattia, della vecchiaia e della morte, rimanendone impressionato e turbato. Allo stesso modo rimase profondamente ammirato dalla serenità mostrata da un saggio eremita. Maturando tali esperienze, il principe Siddharta realizzò la precarietà e la temporaneità del suo stato di agio ed abbandonò la sua casa e la sua famiglia, in cerca di una soluzione definitiva alle grandi sofferenze del mondo. Intraprese in tale ricerca diverse pratiche spirituali ed incontrò molti maestri, finché, insoddisfatto di quanto sperimentato, ricercò la sua via: una via di mezzo tra l’estremo ascetismo e una vita legata ai piaceri dei sensi. Fu come risultato di questa ricerca che una sera, all’età di trentacinque anni, meditando sotto un albero, poi conosciuto come l’albero della Bodhi o del Risveglio presso Bodhgaya (nell’attuale regione del Bihar, in India), il principe Siddharta raggiunse lo stato dell’Illuminazione, lo stato di completa e profonda saggezza, al di là di ogni sofferenza. Da quel giorno fu noto come il Buddha, il Risvegliato.
Dopo l’Illuminazione il Buddha diede il suo primo insegnamento, noto come “Le Quattro Nobili Verità” che indicano la via per liberarsi dallo stato di sofferenza esistenziale propria dell’uomo, senza il bisogno di intermediari sacerdotali come i brahmani, ma attraverso un lavoro su se stessi. Da quel momento passò la sua vita ad insegnare come raggiungere il suo stato di Illuminato ad innumerevoli persone.
Fondò una comunità monastica a cui poterono accedere gli uomini e successivamente anche le donne, dato estremamente rivoluzionario nella società indiana dell’epoca, che tradizionalmente non consentiva a queste ultime di uscire dalla tutela e dal controllo diretto della famiglia patriarcale. Il Buddha morì ad ottanta anni nel 480 a.C., a Kusinara, nell’attuale regione indiana dell’Uttar Pradesh.
«Handa dāni, bhikkave, āmantayāmi vo:
“vayadhammā saṅkhārā appamādena sampādethā“»
«Ricordate, o monaci, queste mie parole:
“tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Dedicatevi con diligenza alla vostra propria salvezza!”»
Maha Parinibbana Sutta
Che cos’è il Wesak?
Il Wesak è definito il nuovo anno Buddhista e viene celebrato nel giorno della luna piena del mese di maggio proprio per commemorare la nascita, l’illuminazione e il parinibbana del Gautama Buddha. I discepoli, che hanno scelto una via diversa dalla vita monastica, in questo giorno, prendono gli otto precetti e vivono nella semplicità come facevano i monaci Arahath e rendono omaggio ai tre gioielli del Buddhismo ovvero: Il Buddha, Il Dhamma e il Sanga.
Se il Buddha è nato in India perché si parla di Buddhismo più nello Sri-Lanka che in India?
L’isola dello Sri-Lanka, secondo le scritture del Tripitaka, sarebbe stata il fulcro del Buddhismo, infatti, c’è tutta una storia di come i monaci buddhisti indiani siano stati perseguitati dai vari regimenti indiani ma con coraggio e tanto sacrificio siano riusciti a portare in salvo gli antichi manoscritti del Tripitaka nell’isola dello Sri-Lanka. Difatti la prima traduzione ufficiale di questi manoscritti è stata fatta nella lingua singalese.
Le 4 Nobili Verità
La Verità della Sofferenza (Dukka Arya Sattaya)
La Verità sull’origine della Sofferenza (Dukka Samudaya Arya Sattaya)
La Verità sulla cessazione della Sofferenza (Dukka Niroda Arya Sattaya)
La Verità sulla via che porta alla cessazione della Sofferenza (Dukka Niroda Gamini Pratipada Arya Sattaya)
In che senso “La Verità della Sofferenza”?
Nella vita degli esseri senzienti (Satvaya) tra cui l’essere umano, è insita alla “Sofferenza” ma attenzione, tale esperienza riguarda anche i momenti di appagamento e serenità in quanto essi stessi non permanenti (Anittya). Secondo il Dhamma-Chakka-Pawattana Sutta, Il Gautama Buddha svela la verità della sofferenza in questo modo:
1. La nascita è sofferenza (in quanto è il fattore scatenante che genererà poi tutte le altre sofferenze).
La vecchiaia è sofferenza (indica l’aspetto di degrado della non permanenza).
La malattia è sofferenza (lo squilibrio fisico potrà mai causare felicità?).
La morte è sofferenza (generato dalla perdita della vita).
Essere vicini a tutto ciò che noi non gradiamo è sofferenza.
Essere lontani da ciò che si desidera è sofferenza.
Non riuscire ad ottenere ciò di cui abbiamo bisogno causa sofferenza.
Ma perché c’è così tanta sofferenza al mondo?
Ovviamente ad ogni effetto c’è sempre una causa, la sofferenza non è colpa del mondo, né del fato o di una divinità e no… non avviene per caso. La sofferenza ha un’origine ed è proprio dentro di noi. Siamo sempre alla ricerca della felicità ma non ci rendiamo conto che ci aggrappiamo a tante cose che saranno solo di transito e ci facciamo travolgere da questa sete di ricerca, di brama, per tutto ciò che non è soddisfacente.
In poche parole, l’origine della sofferenza è dato dal Tanhā, ovvero il Desiderio.
Quindi siamo destinati a vivere nella disperazione più totale?
Niente paura, poiché il Gautama Buddha ci ha svelato che l’origine della sofferenza è il Tanhā basta eliminare l’origine alla radice per liberarci di tutta questa sofferenza. “Esiste l’emancipazione dal dolore” per sperimentare tale emancipazione, occorre lasciare andare trusnā ovvero l’attaccamento a tutto ciò che è materiale. Questo stato di cessazione viene denominato nirodha, quindi l’unico modo per liberarsi dal dolore è sradicare dalle nostre menti il DESIDERIO.
Come facciamo a “sradicare” il desiderio di punto in bianco?
La risposta a questa domanda è data dalla ultima nobile verità il Dukka Niroda Gamini Pratipada Arya Sattaya. Esiste un percorso pratico da seguire per emanciparsi dal dolore ed è proprio questo percorso che ci avvicinerà poi al Nirvanā. Questa via prende il nome di Arya-Stangika Margaya ovvero il Nobile Ottuplice Sentiero e consiste in 8 fattori principali:
1. Sammā Dhitti (Retta Visione), Il riconoscimento delle Quattro Nobili Verità attraverso la loro corretta conoscenza e visione. Essere consapevoli del Karma ovvero una Causa-Effetto.
Sammā saṃkappa (Retto Pensiero), pensare a seconda delle Quattro Nobili verità.
Sammā vācā (Retta Parola), riuscire ad utilizzare le parole in modo corretto senza arrecare danni a se stessi o ad altri.
Sammā kammanta (Retta Azione), riuscire ad usare il proprio corpo e gestire le proprie azioni in modo corretto senza arrecare danno a se stessi o ad altri.
Sammā ājīva (Retta Sussistenza), riuscire a vivere in modo equilibrato evitando gli eccessi, procurandosi un sostentamento adeguato con mezzi che non possano arrecare danno o sofferenza a se stessi o ad altri.
Sammā vāyāma (Retto Sforzo), cercare sempre di farsi coraggio e di fare le azioni giuste.
Sammā sati (Retta Presenza mentale), essere capaci di mantenere la mente priva di confusione senza farla influenzare dalla bramosia o dall’attaccamento.
Sammā samādhi (Retta Concentrazione), essere capaci di mantenere il corretto atteggiamento interiore che porta alla corretta padronanza di se stessi durante la pratica della meditazione.
TRIRATHNAYA – Adorazione dei tre gioielli
BUDU GUNA – Le qualità e le virtù del Buddha
Iti’pi sô Bagavâ Arahan
Sammâsambuddhô
Vijjâ-charana-sampannô
Sugatô
Lokavidû
Anuttarô purisa-damma-sârti
Sattâ deva manussânan
Buddhô
Bagavâ’ti
“Perfetto e degno di omaggio, sradicatore di avversione, avidità ed ignoranza,
Acquisitore della conoscenza senza nessun insegnamento,
Dotato di una visione chiara e di una buona condotta, Conoscitore di un sentiero ben fatto e ben parlato,
Saggio nella conoscenza del mondo,
Addestratore senza pari di dei ed umani indomabili,
Maestro di tutti gli dei e di tutti gli uomini,
Illuminato che mostra il percorso verso l’illuminazione,
Beato nell’avere tutte queste virtù”
02 DAHAM GUNA – Le qualità e le virtù del Dhamma
Swākkātho Bhagavathā dhammo
Sandittiko
Akāliko
Ehipassiko
Opanaiko
Paccattam veditabbo viññūhoti
“Il Dhamma è ben esposto dal Buddha, Eccellente nell’inizio, nel mezzo e nella fine,
Può essere compreso ora, in questa vita,
Non è vincolato dal tempo,
Invita ciascuno a venire a vedere cosa sia,
Deve essere confrontato con la propria vita,
Qualunque persona saggia può comprendere e realizzare il Dhamma.”
03 SAGA GUNA – Le qualità e le virtù del Sanga
Supatipanno Bhagavato sâvaka sangho
Uju pati-panno Bhagavato sâvaka sangho
Ñâya patipanno Bhagavato sâvaka sangho
Sâmîci patipanno Bhagavato sâvaka sangho
Yadidam cattâri purisa yugâni attha-purisa-puggalâ
Esa Bhagavato sâvaka sangho Âhuneyyo
Pâhu-neyyo
Dakkhi-neyyo
Añjalikaranîyo
Anuttaram puññakkhettam lokassâti.
“Di buona condotta, è l’Ordine dei Discepoli del Beato.
Di condotta rigida, è l’Ordine dei Discepoli del Beato.
Di condotta saggia, è l’Ordine dei Discepoli del Beato.
Della condotta doverosa, è l’Ordine dei Discepoli del Beato.
Vale a dire: le quattro coppie di persone, gli otto tipi di individui; questa comunità (Sangha) dei discepoli del Beato è degno di doni,
è degno di ospitalità,
è degno di offerte,
è degno di saluto reverenziale,
come un campo di incomparabile di merito per il mondo”
La Meditazione Mettā
Mettā (maitrī) è una parola Pali che significa amore-gentilezza non condizionate. La mettā bhāvanā (meditazione mettā) è una forma comune di meditazione, praticata con la coscienza del respiro, che dà concentrazione, al fine di prevenire la perdita di compassione.
Molte persone al giorno di oggi coltivano odio, rancore, gelosia che sono tutti elementi negativi che occupano la nostra mente e non procurano nulla di buono né per se stessi né per gli altri. L’oggetto della meditazione di mettā è quello di sviluppare benevolenza e compassione verso tutti gli esseri senzienti.
Ci sono due metodi principali per la diffusione del Metta:
Appamana cheto vimutti
Praticare la meditazione metta a tutti i punti cardinali: Nord, Nord-Est, Est, Sud-Est, Sud, Sud-Ovest, Ovest, Nord-Ovest.
Mahaggata cheto vimutti
Praticare la meditazione metta dal luogo in cui la meditazione viene praticata fino al pianeta intero: Es. Casa, quartiere, città, regione, paese, mondo.
-Shanika Weerasinghe
Rispondi