Saṃyutta Nikāya 22
6. Upayavagga
Così ho udito:
In una certa occasione il Sublime dimorava a Bārāṇasi, al Parco dei daini di Isipatana; in quell’occasione il Sublime si rivolse al gruppo dei cinque monaci asceti: “monaci!”. “Signore” risposero quei monaci al Sublime; il Sublime parlò così:
«Il corpo, o monaci, è non-sé; se invero, o monaci, il corpo fosse sé, esso non condurrebbe all’afflizione, e dal corpo si potrebbe ottenere ciò: ‘possa il mio corpo essere così, possa il mio corpo non essere così’; monaci, siccome il corpo è non-sé, proprio per questa ragione esso conduce all’afflizione, e da tale corpo non è possibile ottenere ciò:’possa il mio corpo essere così, possa il mio corpo non essere così’.
La sensazione, o monaci, è non-sé; se invero, o monaci, la sensazione fosse sé, essa non condurrebbe all’afflizione, e dalla sensazione si potrebbe ottenere ciò: ‘possa questa mia sensazione essere così, possa questa mia sensazione non essere così’; monaci, siccome la sensazione è non-sé, proprio per questa ragione essa conduce all’afflizione, e da tale sensazione non è possibile ottenere ciò:’possa questa mia sensazione essere così, possa questa mia sensazione non essere così’.
La percezione, o monaci, è non-sé; se invero, o monaci, la percezione fosse sé, essa non condurrebbe all’afflizione, e dalla percezione si potrebbe ottenere ciò: ‘possa questa mia percezione essere così, possa questa mia percezione non essere così’; monaci, siccome la percezione è non-sé, proprio per questa ragione essa conduce all’afflizione, e da tale percezione non è possibile ottenere ciò: ‘possa questa mia percezione essere così, possa questa mia percezione non essere così’.
Le attività intenzionali, o monaci, sono non-sé; se invero, o monaci, le attività intenzionali fossero il sé, esse non condurrebbero all’afflizione, e dalle attività intenzionali si potrebbe ottenere ciò: ‘possano queste mie attività intenzionali essere così, possano queste mie attività intenzionali non essere così’; monaci, siccome le attività intenzionali sono non-sé, proprio per questa ragione esse conducono all’afflizione, e da tali attività intenzionali non è possibile ottenere ciò:’possano queste mie attività intenzionali essere così, possano queste mie attività intenzionali non essere così’.
La cognizione, o monaci, è non-sé; se invero, o monaci, la cognizione fosse Sé, essa non condurrebbe all’afflizione, e dalla cognizione si potrebbe ottenere ciò: ‘possa questa mia cognizione essere così, possa questa mia cognizione non essere così’; monaci, siccome la cognizione è non-sé, proprio per questa ragione essa conduce all’afflizione, e da tale cognizione non è possibile ottenere ciò: ‘possa questa mia cognizione essere così, possa questa mia cognizione non essere così».
«Cosa ne pensate monaci, il corpo è permanente o impermanente?»
«Impermanente Signore».
«Ma ciò che è impermanente, è soddisfacente o insoddisfacente?»
«Insoddisfacente, Signore».
«Ma ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto alla legge naturale della dissoluzione, è forse saggio considerare ciò come ‘Questo è mio, questo sono Io, questo è il mio Sé’?»
«No di certo, Signore».
«La sensazione è permanente o impermanente?»
«Impermanente, Signore».
«Ciò che è impermanente è forse soddisfacente o insoddisfacente?»
«Insoddisfacente, Signore».
«Ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto alla legge naturale del cambiamento, è forse saggio considerare ciò come ‘Questo è mio, questo sono Io, questo è il mio sé’?’»
«No di certo, Signore.»
«La percezione è permanente o impermanente?»
«Impermanente, Signore».
«Ma ciò che è impermanente, è soddisfacente o insoddisfacente?»
«Insoddisfacente, Signore».
«Ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto alla legge naturale del cambiamento, è forse saggio considerare ciò come ‘Questo è mio, questo sono Io, questo è il mio sé?’»
«No di certo, Signore».
«Le intenzioni sono permanenti è impermanenti?».
«Impermanenti, Signore».
«Ma ciò che è impermanente, è soddisfacente o insoddisfacente?».
«Insoddisfacente, Signore».
«Ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto alla legge naturale del cambiamento, è forse saggio considerare ciò come ‘Questo è mio, questo sono Io, questo è il mio sé?’»
«No di certo, Signore».
«La cognizione è permanente o impermanente?»
«Impermanente, Signore».
«Ma ciò che è impermanente, è soddisfacente o insoddisfacente?»
«Insoddisfacente, Signore».
«Ciò che è impermanente, insoddisfacente, soggetto alla legge naturale del cambiamento, è forse saggio considerare ciò come ‘Questo è mio, questo sono Io, questo è il mio sé’?».
«No di certo, Signore».
«Per ciò, monaci, qualsiasi corpo/oggetto materiale del passato, del futuro o del presente, interno o esterno, grossolano o sottile, inferiore o superiore, lontano o vicino, qualunque corpo materiale, deve essere saggiamente riconosciuto in questo modo: ‘Ciò non è mio, questo non sono Io, questo non è il mio sé’; qualsiasi sensazione, del passato, del futuro o del presente, interna o esterna, grossolana o sottile, inferiore o superiore, lontana o vicina, qualunque sensazione, deve essere saggiamente riconosciuta in questo modo: ‘ciò non è mio, ciò non sono Io, ciò non è il mio sé’; qualsiasi percezione, del passato, del futuro o del presente, interna o esterna, grossolana o sottile, inferiore o superiore, lontana o vicina, qualunque percezione, deve essere saggiamente riconosciuta in questo modo: ‘ciò non è mio, ciò non sono Io, ciò non è il mio sé’; qualsiasi intenzione, del passato, del futuro o del presente, interna o esterna, grossolana o sottile, inferiore o superiore, lontana o vicina, qualunque percezione, deve essere saggiamente riconosciuta in questo modo: ‘ciò non è mio, ciò non sono Io, ciò non è il mio sé’; qualsiasi cognizione, del passato, del futuro o del presente, interna o esterna, grossolana o sottile, inferiore o superiore, lontana o vicina, qualunque percezione, deve essere saggiamente riconosciuta in questo modo: ‘ciò non è mio, ciò non sono Io, ciò non è il mio sé’.
Quando il nobile discepolo comprende ciò, egli prova disincanto nei riguardi della forma, prova disincanto nei riguardi delle sensazioni, prova disincanto nei riguardi delle percezioni, prova disincanto nei riguardi delle volizioni, prova disincanto nei riguardi della cognizione; disincantato, egli si libera dalle passioni nocive; essendo libero dalle passioni ottiene la liberazione; essendosi liberato, in lui sorge la conoscenza: ‘[la mente] è liberata’; ed egli comprende pienamente: ‘esausta è la nascita, il percorso spirituale è stato completato, fatto ciò che doveva essere fatto, non vi sarà più alcun’altra esistenza’.»
Così disse il Sublime. Gioì contento, il gruppo dei cinque monaci asceti alle parole del Sublime, e proprio durante l’esposizione di quell’insegnamento, le menti di quei cinque monaci asceti furono liberate dai veleni mentali, avendo abbandonato l’attaccamento.
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