
«Rūpe kho, rādha, yo chando yo rāgo yā nandī yā taṇhā ye upayupādānā cetaso adhiṭṭhānābhinivesānusayā— ayaṃ vuccati bhavanetti. Tesaṃ nirodhobhavanettinirodho.»
«Rādha, l’interesse, la passione, il diletto, la sete, e la tendenza subconscia della mente (anusayā)[1] al coinvolgimento, all’afferrare, al persistere nel rimanere invischiata nella forma (immagine) è ciò che conduce all’essere(Io sono), e la cessazione di tutto ciò è la cessazione degli elementi che conducono all’essere.»
«Vedanāya … saññāya … saṅkhāresu … viññāṇe yo chando … pe … adhiṭṭhānābhinivesānusayā—ayaṃ vuccati bhavanetti. Tesaṃ nirodho bhavanettinirodho”ti.»
«l’interesse, la passione, il diletto, la sete, e la tendenza subconscia della mente al coinvolgimento, all’afferrare, al persistere nel rimanere invischiata nella sensazione, nella percezione, nelle intenzioni[2] e nella cognizione è ciò che conduce all’essere, e la cessazione di tutto ciò è la cessazione degli elementi che conducono all’essere.»
Saṃyutta Nikāya 23, Paṭhamamāravagga
Note:
1: anusayā: lett. : “dormiente al di sotto di”, sottostante: le tendenze subconscie dalle quali si sviluppano gli stati afflittivi della mente. Gli anusayā rappresentano lo stadio intermedio fra lo stato di coscienza soggettiva detto viññāṇa e quello più recondito dell’incoscienza, o Avijjā, dalla radice verbale ‘Vid’, ‘sentire’, unita al privativo -a.
Avijjā è quindi l’nsensienza o incoscienza, la radice profonda dell’intera esperienza cognitiva che la mente afferra erroneamente nei termini di un’esistenza soggettiva statica, l’«Io sono» o essere (bhava).
2: «Katame ca, bhikkhave, saṅkhārā? Chayime, bhikkhave, cetanākāyā—rūpasañcetanā, saddasañcetanā, gandhasañcetanā, rasasañcetanā, phoṭṭhabbasañcetanā, dhammasañcetanā. Ime vuccanti, bhikkhave, saṅkhārā. Phassasamudayā saṅkhārasamudayo; phassanirodhā saṅkhāranirodho»
«Cosa sono, o monaci, le ‘costruzioni’? Questi sei gruppi di intenzioni: l’intenzione relativa all’immagine, l’intenzione relativa al suono, l’intenzione relativa all’odore, l’intenzione relativa al gusto, l’intenzione relativa al tatto, l’intenzione relativa ai pensieri.»
«Queste, o monaci, sono dette costruzioni; con il contatto, sorgono le intenzioni, con il cessare del contatto, cessano le intenzioni»
-Upādānaparipavattasutta, SN 22, 56
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