Bhava­netti­sutta: L’essere.

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Sāvatthi­nidānaṃ. A Sāvatthi­:
Ekamantaṃ nisinno kho āyasmā rādho bhagavantaṃ etadavoca: «bhava­netti­nirodho, bhava­netti­nirodho’ti, bhante, vuccati. Katamā nu kho, bhante, bhavanetti, katamo bhava­netti­nirodho”ti?»
Sedendo al suo fianco, il Monaco Rādha disse al Bhagavan:
«Signore, si parla spesso di cessazione dell’essere, di cessazione dell’esistere, ma cos’è, o Signore, che conduce all’essere, e cos’è la cessazione di quegli elementi che conducono ad essere?»

 

«Rūpe kho, rādha, yo chando yo rāgo yā nandī yā taṇhā ye upayupādānā cetaso adhiṭṭhā­nābhini­ve­sā­nusayā— ayaṃ vuccati bhavanetti. Tesaṃ nirodhobhava­netti­nirodho.»

«Rādha, l’interesse, la passione, il diletto, la sete, e la tendenza subconscia della mente (anusayā)[1] al coinvolgimento, all’afferrare, al persistere nel rimanere invischiata nella forma (immagine) è ciò che conduce all’essere(Io sono), e la cessazione di tutto ciò è la cessazione degli elementi che conducono all’essere.»  

«Vedanāya … saññāya … saṅkhāresu … viññāṇe yo chando … pe … adhiṭṭhā­nābhini­ve­sā­nusayā—ayaṃ vuccati bhavanetti. Tesaṃ nirodho bhava­netti­nirodho”ti.»

«l’interesse, la passione, il diletto, la sete, e la tendenza subconscia della mente al coinvolgimento, all’afferrare, al persistere nel rimanere invischiata nella sensazione, nella percezione, nelle intenzioni[2] e nella cognizione è ciò che conduce all’essere, e la cessazione di tutto ciò è la cessazione degli elementi che conducono all’essere.»

Saṃyutta Nikāya 23, Paṭha­ma­māravagga

Note:

1: anusayā: lett. : “dormiente al di sotto di”, sottostante: le tendenze subconscie dalle quali si sviluppano gli stati afflittivi della mente. Gli anusayā rappresentano lo stadio intermedio fra lo stato di coscienza soggettiva detto viññāṇa e quello più recondito dell’incoscienza, o Avijjā, dalla radice verbale ‘Vid’, ‘sentire’, unita al privativo -a.

Avijjā è quindi l’nsensienza o incoscienza, la radice profonda dell’intera esperienza cognitiva che la mente afferra erroneamente nei termini di un’esistenza soggettiva statica,  l’«Io sono» o essere (bhava).

2: «Katame ca, bhikkhave, saṅkhārā? Chayime, bhikkhave, cetanākāyā—rūpasañcetanā, saddasañcetanā, gandha­sañ­cetanā, rasasañcetanā, ­phoṭṭhab­ba­sañ­cetanā, dhamma­sañ­cetanā. Ime vuccanti, bhikkhave, saṅkhārā. Phassasamudayā saṅ­khā­ra­sa­mudayo; phassanirodhā saṅ­khā­ra­nirodho»

«Cosa sono, o monaci, le ‘costruzioni’? Questi sei gruppi di intenzioni: l’intenzione relativa all’immagine, l’intenzione relativa al suono, l’intenzione relativa all’odore, l’intenzione relativa al gusto, l’intenzione relativa al tatto, l’intenzione relativa ai pensieri.»

«Queste, o monaci, sono dette costruzioni; con il contatto, sorgono le intenzioni, con il cessare del contatto, cessano le intenzioni»

-Upādā­na­pari­pa­vat­ta­sutta, SN 22, 56

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