Dutiya­upādā­pari­tassa­nā­sutta: L’Attaccamento come causa di turbamento

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Questo discorso illustra in che modo l’ignoranza della natura incostante dell’esistenza e la conseguente resistenza al cambiamento generino turbamento con l’approssimarsi del decadimento e della morte.
Sāvatthi­nidānaṃ.
«Upādā­pari­tassa­nañca vo, bhikkhave, desessāmi anupā­dā­a­pari­tassa­nañca. Taṃ suṇātha, sādhukaṃ manasi karotha, bhāsissāmīti. «Evaṃ, bhante”ti, kho te bhikkhū bhagavato paccassosuṃ. Bhagavā etadavoca»
A Savatti.
«Monaci, vi parlerò di come l’attaccamento sia [causa di ]turbamento, e di come la calma nasca dal non attaccamento; ascoltate e fate bene attenzione a ciò che dirò.”
«Bene Signore”, risposero in assenso quei monaci al Bhagavan. E il Bhagavan così disse:
«kathañca, bhikkhave, upādāpa­ri­tassanā hoti? Idha, bhikkhave, assutavā puthujjano… rūpaṃ ‘etaṃ mama, esohamasmi, eso me attā’ti samanupassati.
«In che modo, o monaci, l’attaccamento è [causa di ]turbamento? Ecco, l’inesperto uomo comune…considera il corpo in questo modo: ‘Ciò è mio, ciò sono Io, questo è il mio Sé’»
 
«Tassa taṃ rūpaṃ vipariṇamati aññathā hoti.»
«Ma il suo corpo materiale cambia, diventando diverso.»
«Tassa rūpa­vi­pari­ṇāmañ­ñathā­bhāvā uppajjanti soka­pari­deva­duk­kha­do­manas­supāyāsā.»
«Con il cambiamento e l’alterazione del corpo, in lui sorgono tristezza, angoscia, dolore, dispiacere e disperazione;»
«Vedanaṃ etaṃ mama … pe … saññaṃ etaṃ mama … saṅkhāre etaṃ mama … viññāṇaṃ ‘etaṃ mama, esohamasmi, eso me attā’ti samanupassati. Tassa taṃ viññāṇaṃ vipariṇamati aññathā hoti.»
«Egli considera le sensazioni, le percezioni, le intenzioni e la cognizione come : ‘Ciò è mio, ciò sono Io, questo è il mio Sé’; la sua cognizione cambia, diventando diversa».
 
«Tassa viñ­ñā­ṇa­vi­pari­ṇāmañ­ñathā­bhāvā uppajjanti soka­pari­deva­duk­kha­do­manas­supāyāsā. Evaṃ kho, bhikkhave, upādāpa­ri­tassanā hoti
«Con il cambiamento e l’alterazione della mente, in lui sorgono tristezza, angoscia, dolore, dispiacere e disperazione.»
«Kathañca, bhikkhave, anupā­dā­apari­tassanā hoti? Idha, bhikkhave, sutavā ariyasāvako rūpaṃ ‘netaṃ mama, nesohamasmi, na meso attā’ti samanupassati.»
«E come, o monaci, il non attaccamento è [causa di ] serenità? Ecco o monaci, l’esperto, nobile discepolo, considera il corpo così: ‘ ciò non è mio, ciò non sono Io, questo non è il mio Sé’.»
«Tassa taṃ rūpaṃ vipariṇamati aññathā hoti. Tassa rūpa­vi­pari­ṇāmañ­ñathā­bhāvā nuppajjanti soka­pari­deva­duk­kha­do­manas­supāyāsā.»
«Ed il suo corpo cambia, diventando diverso, ma in lui non sorge alcuna tristezza, angoscia, dolore, dispiacere e disperazione per via di tale cambiamento ed alterazione del proprio corpo.»
‘Vedanaṃ netaṃ mama … saññaṃ netaṃ mama … saṅkhāre netaṃ mama … viññāṇaṃ ‘netaṃ mama, nesohamasmi, na meso attā’ti samanupassati. «Tassa taṃ viññāṇaṃ vipariṇamati aññathā hoti. Tassa viñ­ñā­ṇa­vi­pari­ṇāmañ­ñathā­bhāvā nuppajjanti soka­pari­deva­duk­kha­do­manas­supāyāsā.»
‘La sensazione  non è mia, la percezione non è mia, l’intenzione non è mia, la cognizione non è mia, ciò non sono Io, questo non è il mio Sé’, – «così egli considera tutto ciò.
La sua cognizione cambia, diventando diversa, ma in lui non sorge alcuna tristezza, angoscia, dolore, dispiacere e disperazione per via di tale cambiamento ed alterazione nella sensazione, percezione, intenzione e cognizione.»
«Evaṃ kho, bhikkhave, anupā­dā­apari­tassanā hotī”ti.»
In questo modo, o monaci, il non attaccamento è [causa di ] serenità.»
Dutiya­upādā­pari­tassa­nā­sutta, SN22.8.
* Un putujjhana è un individuo non risvegliato.

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