Karma e meditazione: dal fare all’essere.

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“Cetanāhaṃ bhikkhave kammaṃ vadāmi, cetayitvā kammaṃ karoti kāyena vācāya manasā”.

“Monaci, l’intenzione Io intendo con Karma; sulla base di un’intenzione, uno crea tramite le attività di corpo, parola e mente”.

-Nibbēdhika Sutta

 

Il Karma, dalla radice verbale ‘kṛ’, è il processo di cre-a-zione dell’ Io-mio; Il Dharma (Buddhismo) concepisce il Karma nei termini di Cetanā, le intenzioni, a significare che le intenzioni sono ciò che creano o costruiscono (sankhāroti) il senso soggettivo dell’Io-Mio; Le intenzioni sono semplicemente i desideri sorti sulla base dell’interazione (contatto) fra noi ed il mondo dei sensi:

“Phasso hetu, phasso paccayo saṅ­khā­rak­khan­dhassa paññāpanāya”

“Il contatto è la causa, la condizione per per il manifestarsi delle intenzioni”

-Puṇṇamasutta

 

Non a caso, il termine sankhāra, il cui significato letterale è ‘costruzione’ è impiegato, nel linguaggio del Dharma, per indicare ciò che noi comunemente chiamiamo intenzioni:

“Katame ca, bhikkhave, saṅkhārā? Chayime, bhikkhave, cetanākāyā—rūpasañcetanā, saddasañcetanā, gandha­sañ­cetanā, rasasañcetanā, ­phoṭṭhab­ba­sañ­cetanā, dhamma­sañ­cetanā. Ime vuccanti, bhikkhave, saṅkhārā. Phassasamudayā saṅ­khā­ra­sa­mudayo; phassanirodhā saṅ­khā­ra­nirodho.”

“E cosa sono, o Monaci, i saṅkhārā? I sei gruppi di intenzioni, -intenzioni relative agli oggetti, intenzioni relative agli odori, intenzioni relative al gusto, intenzioni relative al tatto, intenzioni relative agli oggetti mentali. Questi o monaci, sono detti saṅkhārā. Con il contatto sensoriale sorgono i saṅkhārā, con lo svanire del contatto, svaniscono anche i saṅkhārā.”

Questi tre termini, cetanā, saṅkhārā e karma (intenzioni, costruzioni e creazione) sono quindi sinonimi, in quanto sono proprio le intenzioni condizionate dell’Ignoranza della realtà a creare, sulla base dell’afferrarsi ai cinque aggregati, il senso illusorio di essere un Io alla base di ogni forma di Dukkha.

“Kiñca bhikkhave, saṃkhāre vadetha? saṃkhataṃ abhisaṃkharontīti bhikkhave, tasmā saṃkhārāti vuccanti. Kiñca saṅ­kha­ta­mabhi­saṅ­kha­ronti? Rūpaṃ rūpattāya saṅ­kha­ta­mabhi­saṅ­kha­ronti, vedanaṃ vedanattāya saṅ­kha­ta­mabhi­saṅ­kha­ronti, saññaṃ saññattāya saṅ­kha­ta­mabhi­saṅ­kha­ronti, saṅkhāre saṅkhārattāya saṅ­kha­ta­mabhi­saṅ­kha­ronti, viññāṇaṃ viññāṇattāya saṅ­kha­ta­mabhi­saṅ­kha­ronti. Saṅ­kha­ta­mabhi­saṅ­kha­ron­tīti kho, bhikkhave, tasmā ‘saṅkhārā’ti vuccati.”

“Perché o Monaci vengono chiamati saṃkhāra? costruiscono ciò che per sua natura è condizionato, perciò sono chiamati costruzioni. E cosa costruiscono? Costruiscono Il corpo proprio come corpo, le sensazioni proprio come sensazioni, le percezioni proprio come percezioni, le intenzioni proprio come intenzioni, la coscienza proprio come coscienza.”

-Khaj­ja­nīya­sutta, SN 22.79

Detto in parole semplici, le intenzioni sono ciò che plasma la nostra esistenza, che da forma al nostro personale sentire, al nostro sentirci un Io-Mio autosufficiente, statico e reale, distinto da tutto il resto.

Per questa  ragione, il Dharma ci invita a contemplare la natura incostante delle intenzioni:

“Aniccā vata saṅkhārā, uppā­davaya­dham­mino; Uppajjitvā nirujjhanti, tesaṃ vūpasamo sukho”ti.

“Incostanti sono invero i Saṅkhārā, la loro natura è di sorgere e svanire; essendo sorti, dovranno cessare; la loro pacificazione è la felicità.”

– Mahasudassana Jātaka, Ja, 95.

La meditazione è uno strumento finalizzato al riconoscimento ed alla pacificazione delle intenzioni condizionanti la mente; in meditazione, passiamo dal fare all’essere (dove con essere si intende l’essere presenti e consapevoli), e dall’essere al non-essere, all’emancipazione dall’Io-Mio, la base del proliferare delle emozioni afflitte causa della sofferenza:

“Pīti­paṭi­saṃ­vedī assasissāmī’ti sikkhati, ‘pīti­paṭi­saṃ­vedī passasissāmī’ti sikkhati; ‘sukha­paṭi­saṃ­vedī assasissāmī’ti sikkhati, ‘sukha­paṭi­saṃ­vedī passasissāmī’ti sikkhati; ‘citta­saṅ­khā­ra­paṭi­saṃ­vedī assasissāmī’ti sikkhati, ‘citta­saṅ­khā­ra­paṭi­saṃ­vedī passasissāmī’ti sikkhati; ‘passambhayaṃ cittasaṅkhāraṃ assasissāmī’ti sikkhati, ‘passambhayaṃ cittasaṅkhāraṃ passasissāmī’ti sikkhati.”

“Così egli si esercita: ‘Inspirerò sperimentando la gioia’, così egli si esercita, ‘espirerò sperimentando la gioia’;

Così egli si esercita: ‘Inspirerò sperimentando benessere’, ‘espirerò sperimentando benessere’,

Così egli si esercita: ‘inspirerò riconoscendo l’intenzione, il condizionante mentale’, ‘espirerò riconoscendo l’intenzione, il condizionante mentale’;

Così egli si esercita: ‘Inspirerò pacificando l’intenzione, il condizionante mentale’, ‘espirerò pacificando l’intenzione, il condizionante mentale’. 

-Ānā­pā­nassa­ti­sutta, MN, 118

In meditazione profonda o Samadhi non creiamo, non costruiamo, ma semplicemente, siamo ciò che siamo, e ciò è possibile per via del fatto che nelle fasi avanzate di meditazione i Saṅkhārā vengono temporaneamente dissolti, lasciando la mente in uno stato di apertura non condizionata:

“Saññā­ve­dayi­ta­nirodhaṃ samā­pajjan­tassa panāyye, bhikkhuno katame dhammā paṭhamaṃ nirujjhanti—yadi vā kāyasaṅkhāro, yadi vā vacīsaṅkhāro, yadi vā cittasaṅkhāro”ti?

“Venerabile Signora, avendo un monaco raggiunto [lo stadio meditativo della] cessazione di sensazione e percezione, quali elementi cessano per primi, il Saṅkhārā del corpo, il Saṅkhārā della parola o il Saṅkhārā della mente?”[1]

“Saññā­ve­dayi­ta­nirodhaṃ samā­pajjan­tassa kho, āvuso visākha, bhikkhuno paṭhamaṃ nirujjhati vacīsaṅkhāro, tato kāyasaṅkhāro, tato cittasaṅkhāro”ti.

“Visakha, in un monaco che ha raggiunto [lo stadio meditativo della] cessazione di percezione e sensazione, il Saṅkhārā della parola è il primo a cessare, quindi il Saṅkhārā del corpo ed infine il Saṅkhārā della mente.”

 -Cūḷa­ve­dalla­sutta

Note:

Nel Cūḷa­ve­dalla­sutta, la monaca Dhammadinnā spiega all’ex marito Visakha il senso di questa esposizione concisa:

“Assāsapassāsā kho, āvuso visākha, kāyasaṅkhāro, vitakkavicārā vacīsaṅkhāro, saññā ca vedanā ca cittasaṅkhāro”ti.

“Amico Visākha, inspirazione ed espirazione sono il Saṅkhāra del corpo, pensiero iniziale e pensiero ripetuto sono il Saṅkhāra della parola, percezione e sensazione, sono il Saṅkhāra della mente.”

“Kasmā panāyye, assāsapassāsā kāyasaṅkhāro, kasmā vitakkavicārā vacīsaṅkhāro, kasmā saññā ca vedanā ca cittasaṅkhāro”ti?

“Ma perché o Venerabile Signora, inspirazione ed espirazione sono il Saṅkhāra del corpo, perché pensiero iniziale e pensiero ripetuto sono il Saṅkhāra della parola, e perché percezione e sensazione sono il Saṅkhāra della mente-cuore?”

“Assāsapassāsā kho, āvuso visākha, kāyikā ete dhammā kāyap­paṭi­baddhā, tasmā assāsapassāsā kāyasaṅkhāro. Pubbe kho, āvuso visākha, vitakketvā vicāretvā pacchā vācaṃ bhindati, tasmā vitakkavicārā vacīsaṅkhāro. Saññā ca vedanā ca cetasikā ete dhammā cittap­paṭi­baddhā, tasmā saññā ca vedanā ca cittasaṅkhāro”ti.

“L’inspirazione ed espirazione, sono fenomeni di natura fisica, connessi al corpo, e perciò essi sono il Saṅkhāra il corpo; Innanzitutto, o amico Visakha, si pensa e si pondera, dopodiché si parla, perciò il pensiero iniziale ed il pensiero ripetuto sono il Saṅkhāra della parola; Percezione e sensazione sono fattori mentali, elementi connessi alla mente, perciò sono i Saṅkhārā della mente.”

-Cūḷa­ve­dalla­sutta, MN 44.

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