
I sei maestri contemporanei (e rivali) del Buddha
All’epoca del Buddha, in India vi erano sessantadue diverse visioni filosofiche e sei dotti maestri che la tradizione scritturale buddhista definiva ‘eretici’ (aññatitthiyā), le cui dottrine si contendevano i favori di regnanti, ricchi patroni e devoti comuni. I sei dotti eretici avversari filosofici del Buddha furono: Pūraṇa Kassapa (akiriyāvāda- inefficacia delle azioni), Makkhali Gosāla (Ahetukadiṭṭhi– fatalismo), Ajita Kesakambala (natthikadiṭṭhi-nichilismo), Pakudha Kaccāyana (Sassatavada- eternalismo), Sañjaya Belaṭṭhaputta (amaravikkhepavada- scetticismo), Nigaṇṭha Nāṭaputta (aparigraha-moralismo/puritanesimo).
Le loro dottrine sono enunciate e commentate nei discorsi del canone Buddhista in lingua pāli, in particolare nel Sāmaññaphalasutta o Discorso sui benefici dell’ascesi del Dīgha Nikāya e altrove, nei commentari.
In questo e nei successivi post, tratteremo le proposizioni di ciascun maestro in accordo ai testi del canone in lingua Pali, con il commento del maestro thailandese Buddhadasa Bhikkhu ( 1906-1993).
Makkhali Gosāla[1], l’Ajivika
484 a.C. , -?
Dottrina: Niyativada– fatalismo, Ahetukadiṭṭhi, non causalità
Le proposizioni filosofiche di Makkhali:
«Non vi è causa, né condizione che rende impuri gli esseri. Gli esseri sono impuri senza una causa, senza una condizione. Né esiste una causa o un’origine, né una condizione per la purificazione degli esseri. Gli esseri vengono purificati senza una causa, senza una condizione. Nulla è originato dal Sé o da un’origine esterna o dall’uomo. Non esiste un sostegno spirituale, né uno sforzo, né un’energia o una umana tenacia. Tutti gli esseri viventi, tutte le realtà, tutte le creature, tutte le anime sono impotenti, privi di un’energia o di uno sforzo. Soggetti al fato, alla fortuna ed alla natura, sono sensibili al piacere e al dolore nelle sei grandi categorie di nascita.
Esistono 1,406,600 tipi di nascita. Esistono 500 tipi di kamma, cinque specie e tre generi; un kamma intero e un mezzo kamma. Vi sono 62 sentieri, 62 sotto-eoni, sei grandi classi di nascita, otto categorie di uomini, 4,900 tipi di erranti, 4,900 dimore dei Naga, 2,000 facoltà, 3,000 inferni, 36 reami impuri, sette sfere di esseri dotati di percezione, sette sfere di esseri privi di percezione, sette specie di vita vegetale, sette tipi di deva, sette specie di esseri umani, sette tipi di demoni, sette grandi laghi, sette grovigli superiori, sette grovigli inferiori, 700 abissi superiori, 700 precipizi inferiori, 700 sogni superiori, 700 sogni inferiori, 84,000 grandi eoni. Dopo avere trasmigrato ed errato attraverso tutte queste esistenze, il saggio e lo stolto in egual modo porranno fine alla sofferenza.
Si potrebbe pensare: ‘Compiendo atti meritori, esercitando questa pratica, questa rinuncia o intraprendendo questa vita santa purificherò il kamma impuro.’— ciò è impossibile. Il piacere e il dolore sono omogenei, il samsara è stabile nella sua estensione. Non vi è né una diminuzione né un accrescimento, né un innalzamento né un abbassamento. Come un gomitolo di filo, quando rotola, arriva alla sua fine semplicemente per l’esaurirsi del suo rotolamento, allo stesso modo, dopo avere trasmigrato ed errato, il saggio e lo stolto in egual modo porranno fine alla sofferenza.’».
– Samaññaphala Sutta, DN, 2
Commento di Buddhadāsa Bhikkhu:
Questa visione filosofica è caldeggiata da coloro i quali sono inclini all’ignavia. È una filosofia che nega in toto il Sé ed il libero arbitrio. Si differenzia dal Buddhismo in quanto quest’ultimo asserisce che impurità e purificazione hanno delle cause.
Se noi creiamo le cause adatte diverremo puri o impuri in accordo ad esse, ed i risultati ricadranno sul corpo-mente che le ha prodotte, o per usare il linguaggio comune, su di noi.
Anche se a livello ultimo il Buddhismo insegna che ogni cosa è non-sé, esso non nega che esistano le contaminazioni e le virtù e che vi siano delle cause che le producono.
Il punto di vista di Makkhali Gosāla si accorda con i moderni principi scientifici sull’evoluzione, come ad esempio l’idea secondo la quale tutti gli organismi si evolvono e mutano in maniera sequenziale verso stati più elevati in maniera autonoma.
Ciò che contraddistingue la visione di Makkhali da questo principio è se in questo processo vi sia una causa che noi possiamo produrre al fine di rallentare o accelerare tale processo.
Anche se nel Buddhismo si crede che il nibbāna sia una meta che tutti noi possiamo raggiungere, vi è un’eccezione: noi accettiamo che vi siano delle cause che possiamo coltivare al fine di ottenere il nibbāna in questa vita, o anche immediatamente, e altre cause che se non vengono coltivate faranno posticipare l’ottenimento del nibbāna, facendoci permanere in stati di esistenza inferiori per molto tempo.
Questo implica che il Buddhismo accetta la validità della legge di causa ed effetto, mentre la filosofia di Makkhali Gosāla nega in toto tutto ciò.
Inoltre, il Buddhismo non accetta l’idea che questo stato di cose non possa essere modificato. Questa visione filosofica non buddhista è chiamata ‘Ahetukadiṭṭhi’, ‘la visione filosofica sulla non causalità’, che, in altre parole, implica la negazione di un Sé convenzionale producente cause positive o negative.
Note: Il nome Gosāla, significa Stalla, e ciò per via del fatto che egli nacque in una stalla:
“Mentre Bhaddā era incinta, lei e suo marito Mankhali, il mankha, vennero nel villaggio di Saravaṇa, dove abitava un ricco uomo di nome Gobahula. Mankhali lasciò sua moglie e il suo bagaglio nella stalla (gosālā) di Gobahula , e poiché non riuscì a trovare riparo altrove, la coppia continuò a vivere in un angolo della stalla, e fu lì che Bhaddā diede alla luce il suo bambino. ”
– Basham, A.L. (1951). History and Doctrines of the Ājīvikas
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