Kaccāna­gotta­sutta: la giusta visione

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Sāvatthiyaṃ viharati. Atha kho āyasmā kaccānagotto yena bhagavā tenupasaṅkami; upasaṅkamitvā bhagavantaṃ abhivādetvā ekamantaṃ nisīdi. Ekamantaṃ nisinno kho āyasmā kaccānagotto bhagavantaṃ etadavoca:

A Savatthi: quindi, il venerabile Kaccāna-gotta si recò dal bhagavā; avendolo raggiunto, lo salutò e gli si sedette accanto. Sedendogli accanto, il venerabile Kaccāna-gotta disse al bhagavā:


“‘sammādiṭṭhi sammādiṭṭhī’ti, bhante, vuccati. Kittāvatā nu kho, bhante, sammādiṭṭhi hotī”ti?

“La giusta visione, la giusta visione, o bhagavā, così si dice. Ma in che misura, signore, vi è la giusta visione?”

“Dvayanissito khvāyaṃ, kaccāna, loko yebhuyyena—atthitañceva natthitañca. Lokasamudayaṃ kho, kaccāna, yathābhūtaṃ sammappaññāya passato yā loke natthitā sā na hoti.

“Kaccāna, il mondo[1] si fonda in larga parte sulla dualità fra esistenza e non-esistenza. Ma per chi saggiamente vede secondo realtà il sorgere del mondo, non vi è alcuna nozione circa la non esistenza del mondo.

Lokanirodhaṃ kho, kaccāna, yathābhūtaṃ sammappaññāya passato yā loke atthitā sā na hoti. 

E per colui il quale saggiamente vede secondo realtà la cessazione del mondo, non vi è alcuna nozione circa l’esistenza del mondo.

Upa­yupā­dā­nābhini­ve­sa­vini­bandho khvāyaṃ, kaccāna, loko yebhuyyena. Tañcāyaṃ upayupādānaṃ cetaso adhiṭṭhānaṃ abhini­ve­sā­nusa­yaṃ na upeti na upādiyati nādhiṭṭhāti: ‘attā me’ti.

Kaccāna, questo mondo è in larga parte incatenato dall’inclinazione all’afferrare e ad attaccarsi. Ma colui che non persegue questo afferrare, questo attaccamento, questa fissazione mentale e questa tendenza latente all’indulgenza, non si afferra, né insiste con l’opinione: ‘questo è il mio sé’.


‘Dukkhameva uppajjamānaṃ uppajjati, dukkhaṃ nirujjhamānaṃ nirujjhatī’ti na kaṅkhati na vicikicchati aparapaccayā ñāṇamevassa ettha hoti. Ettāvatā kho, kaccāna, sammādiṭṭhi hoti

Ed egli non è perplesso né nutre dubbi in riguardo al fatto che ‘ciò che sorge è mera sofferenza, ciò che si dissolve è mera sofferenza’; la sua conoscenza non dipende da fattori esterni. In questo senso, o Kaccāna, vi è la giusta visione.

‘Sabbamatthī’ti kho, kaccāna, ayameko anto. ‘Sabbaṃ natthī’ti ayaṃ dutiyo anto. Ete te, kaccāna, ubho ante anupagamma majjhena tathāgato dhammaṃ deseti:

‘Tutto esiste’, questo, Kaccāna, è un estremo; ‘nulla esiste’, questo, Kaccāna, è il secondo estremo. Abbandonando entrambi gli estremi, il Tathāgata insegna la dottrina di mezzo:

‘avijjāpaccayā saṅkhārā; saṅ­khā­ra­pac­cayā viññāṇaṃ … pe … evametassa kevalassa duk­khak­khan­dhassa samudayo hoti.

L’ignoranza determina le intenzioni; le intenzioni determinano la cognizione; la cognizione determina lo psicosoma; lo psicosoma determina le sei basi sensoriali; le sei basi sensoriali determinano il contatto; il contatto determina la sensazione; la sensazione determina la sete; la sete determina l’afferrarsi; l’afferrarsi determina l’essere; l’essere determina la nascita; la nascita determina decadimento e morte; In questo modo hanno origine il dolore e l’angoscia, la sofferenza e la tristezza. Così ha origine l’intera massa della sofferenza.

Avijjāya tveva asesa­virāga­nirodhā saṅ­khā­ra­nirodho; saṅ­khā­ra­nirodhā viññāṇanirodho … pe … evametassa kevalassa duk­khak­khan­dhassa nirodho hotī’”ti.

Ma con la cessazione dell’ignoranza, cessano le intenzioni; con la cessazione delle intenzioni cessa la cognizione; con la cessazione della cognizione, cessa lo psicosoma; con la cessazione dello psicosoma cessano le sei basi sensoriali; con la cessazione delle sei basi sensoriali cessa il contatto; con la cessazione del contatto cessa la sensazione; con la cessazione della sensazione cessa la ‘sete’; con la cessazione della ‘sete’ cessa l’afferrarsi; con la cessazione dell’afferrarsi cessa l’essere; con la cessazione dell’essere cessa la nascita; con la cessazione della nascita, cessano decadimento e morte. In questo modo cessano il dolore e l’angoscia, la sofferenza e la tristezza. Così si dissolve l’intera massa della sofferenza”.

 

Note:

1: In questo contesto, il termine Loka è usato in maniera astratta per indicare l’insieme delle esperienze sensoriali, per natura incerte e soggette a decadimento:

 “Si disintegra (lujjati), perciò è chiamato mondo (Loka) 
 
(Loka sutta, S.N.)
 
 

“Tutto ciò che è della natura di dissolversi (Paloka), Ananda, questo è chiamato ‘mondo’ nel nobile sentiero. E cosa è nella natura di dissolversi? L’occhio, Ananda, … gli oggetti visibili … la coscienza visiva … il contatto visivo … l’orecchio … i suoni …la mente..il contatto mentale, e tutto ciò che sorge condizionato dal contatto mentale, sperimentato come piacevole, doloroso o neutro – ciò è della natura di svanire’ “. 

-Palokadhamma sutta, S.N.

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