
Così ho udito: In una certa occasione il Beato dimorava fra i Kurū, in un villaggio dei Kurū di nome kammāsadhamma; Colà il beato si rivolse ai monaci: “Monaci!”. “Signore!” risposero quei monaci al Beato. Il Beato così parlò:
“Monaci, il Sentiero ad un’unica direzione, per la purificazione degli esseri, per il superamento di tristezza e lamento, per la pacificazione di dolore e sofferenza, il raggiungimento del giusto sentiero e la realizzazione della liberazione, è questo: I quattro fondamenti della consapevolezza.
Quali quattro? Qui, monaci, un monaco dimora osservando il corpo come corpo, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte brama e afflizione verso il questo mondo; dimora osservando le sensazioni come sensazioni, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte brama e afflizione verso il questo mondo; dimora osservando la mente come mente, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte brama e afflizione verso il mondo; dimora osservando i fenomeni nei fenomeni, risoluto, con chiara comprensione e consapevole, avendo messo da parte la brama e afflizione verso il mondo.
E come un monaco dimora osservando il corpo come corpo? ecco, monaci, quel monaco, recatosi in una foresta, ai piedi di un albero o in una stanza vuota, si siede a gambe incrociate, con il busto eretto, avendo stabilito la consapevolezza di fronte a sé. “[1] Ed egli inspira consapevolmente, espira consapevolmente.
Inspirando lungamente, egli riconosce: ‘sto inspirando lungamente’; espirando lungamente, egli riconosce: ‘sto espirando lungamente’;
inspirando brevemente, egli riconosce: ‘sto inspirando brevemente, espirando brevemente, egli riconosce: ‘sto espirando brevemente’.
Egli così si esercita: ‘Inspirerò sperimentando l’intero corpo di respiro, espirerò sperimentando l’intero corpo del respiro’. Così egli si esercita.
Ed egli così si esercita: ‘inspirerò calmando il condizionante corporeo, espirerò calmando il condizionante corporeo’, così egli si esercita.
Proprio come un abile tornitore, o un apprendista tornitore, nel girare lungamente riconosce: ‘giro lungamente’, e nel girare brevemente riconosce: ‘giro brevemente’; allo stesso modo, monaci, Inspirando lungamente, egli riconosce: ‘sto inspirando lungamente’; espirando lungamente, egli riconosce: ‘sto espirando lungamente’;
inspirando brevemente, egli riconosce: ‘sto inspirando brevemente, espirando brevemente, egli riconosce: ‘sto espirando brevemente’;
ed egli così si esercita: ‘Inspirerò sperimentando l’intero corpo di respiro, espirerò sperimentando l’intero corpo del respiro; ‘inspirerò calmando il condizionante corporeo[2], espirerò calmando il condizionante corporeo’, così egli si esercita.
In questo modo egli dimora contemplando il corpo nel corpo internamente, dimora contemplando il corpo nel corpo esternamente; oppure dimora contemplando il sorgere dei fenomeni nel corpo, o dimora contemplando lo svanire dei fenomeni nel corpo, o dimora contemplando il sorgere e lo svanire dei fenomeni nel corpo.
E la sua consapevolezza che ‘vi è il corpo’ è ben radicata, nella misura necessaria per [coltivare] la conoscenza e la piena consapevolezza. Ed egli vive indipendente e senza attaccarsi a nulla nel mondo.
Satipaṭṭhānasutta, MN 10
Ānāpānapabbaṃ
Note
1. parimukhaṃ sati : in merito all’interpretazione di questo passaggio criptico, vi sono due tendenze prevalenti fra gli studiosi, quella letterale e quella idiomatica.
I sostenitori dell’interpretazione letterale interpretano questa espressione nel senso di “attorno alla bocca”, ovvero al labbro superiore o alla punta del naso (nāsikagga)*, in accordo alla glossa dei commentari quali il Visuddhimagga; di contro, i sostenitori dell’interpretazione idiomatica, traducono questa stessa espressione come “di fronte a sé”, ovvero, alla parte frontale del proprio corpo; questo approccio si accorda al significato generale della stessa locuzione ritrovabile altrove nel canone.* Il Paṭisambhidāmagga spiega il significato di questo passaggio in questi termini:
L’oggetto[3], l’inspirazione e l’espirazione
non sono la base di un’unica cognizione.
non conoscendo questi tre fenomeni,
egli non otterrà alcuno sviluppo.
L’oggetto, l’inspirazione e l’espirazione
non sono la base di un’unica cognizione.
non conoscendo questi tre fenomeni,
egli otterrà lo sviluppo.
In che modo questi tre fenomeni non sono la base di un’unica cognizione, pur senza essere stati ignorati, e come la cognizione non è distratta, come egli si applica, porta a termine il proprio dovere e realizza un risultato ragguardevole?
Come se vi fosse un tronco d’albero sistemato a terra su un pianale; ed un uomo volesse tagliarlo con una sega. La consapevolezza di quell’uomo si posasse (stabilisse) nel punto in cui i denti della sega toccano il tronco d’albero.
Senza prestare attenzione ai denti della sega mentre questi avanzano e recedono, e pur senza che questi vengano ignorati, egli si impegna e porta a termine il compito.
Come il tronco sistemato a terra su un pianale, così è l’oggetto per ancorare [la consapevolezza].
Come i denti della sega, così sono l’inspirazione ed espirazione.
Come la consapevolezza di quell’uomo posata (stabilita) nel punto in cui i denti della sega toccano il tronco d’albero, senza prestare attenzione ai denti della sega mentre questi avanzano e recedono, ma senza che questi vengano ignorati, egli si impegna e porta a termine il proprio dovere.
Allo stesso modo, un monaco, siede, avendo stabilito (indirizzato) la consapevolezza alla punta del naso oppure all’immagine facciale (cfr. SN22, 83 Ananda sutta), senza prestare attenzione all’andare e venire dell’inspirazione e dell’espirazione, e pur senza ignorare l’inspirazione ed espirazione, si applica, porta a termine il proprio dovere e realizza un risultato ragguardevole.
Cos’è l’applicazione? Il corpo e la mente di colui che è energico diventano malleabili – questo è l’applicazione
Cos’è la pratica? In colui che è energico, gli inquinanti vengono abbandonati ed i pensieri si placano – questa è la pratica.
Cos’è il risultato? In colui che è energetico, i legami sono abbandonati, le tendenze latenti si esauriscono. Questo è il risultato.
In questi modo, questi tre fenomeni non costituiscono la base di un’unica cognizione, pur senza essere stati ignorati, la mente non viene distratta, ed egli si applica, porta a termine il proprio dovere e realizza un risultato ragguardevole.
In colui il quale la consapevolezza del respiro,
è stata perfezionata, completata,
gradualmente accresciuta,
In accordo all’insegnamento del Buddha;
Egli illumina questo mondo,
come la luna piena libera dalla nuvole.
“Stabilisce la consapevolezza di fronte a sé (parimukhaṃ satiṃ upaṭṭhapetvā): pari: nel senso di ‘adottare’; mukhaṃ (lett. Bocca ) nel senso di ‘uscita’; sati (consapevolezza) nel senso di stabilire (fondamento). Perciò si dice parimukhaṃ satiṃ upaṭṭhapetvā (avendo stabilito la consapevolezza in fronte a sé.”
– Paṭisambhidāmagga, Ānāpānassatikatha
Il dotto Singalese Mahānāma Thera, nel suo commentario al Paṭisambhidāmagga, prova a delucidare ulteriormente il senso di questa criptica spiegazione :
“‘Adottare’, nel senso di ciò che viene adottato. Che cosa viene adottato? L’uscita. Quale uscita? La concentrazione basata sulla consapevolezza è in se stessa l’uscita [che conduce] fino al sentiero per lo stato di Arahant. Perciò, è stato detto ‘nel senso di adottare’. Il senso di ‘uscita dal vortice del divenire’ è espressione del significato della parola mukha (bocca) in quanto eminente (frontale). ‘Stabilire’, nel senso di essenza individuale. Il significato di tutti questi vocaboli è: ‘Avendo reso la consapevolezza una via d’uscita da adottare’. Tuttavia, alcuni affermano che ‘adottare’ significhi ‘adottare come significato della consapevolezza’, e che ‘nel senso di uscita’ significhi ‘ la porta di entrata e uscita dell’inspirazione ed espirazione’. Perciò, ciò significherebbe : ‘avendo stabilito la consapevolezza alla via uscita dell’inspirazione ed espirazione, la quale è da adottare’.”
–Paṭisambhidāmagga Aṭṭhakathā
* “seyyathāpi nāma balavā puriso samiñjitaṃ vā bāhaṃ pasāreyya, pasāritaṃ vā bāhaṃ samiñjeyya; evamevaṃ—bhaggesu susumāragire bhesakaḷāvane migadāye antarahito magadhesu kallavāḷaputtagāme āyasmato mahāmoggallānassa sammukhe pāturahosi.”
“Proprio come un uomo forte potrebbe estendere il proprio braccio flesso o flettere il braccio teso – egli scomparve dal territorio dei Bhagga, dal Parco dei Cervi a Bhesakala… riapparendo nei pressi del villaggio di Kallavalaputta, nel Magadha, di fronte al Venerabile Maha Moggallana.”
-Pacalāyamānasutta, A.N 7,61
2. kāyasaṅkhāra:
“Cosa sono i saṅkhārā? Questi tre, monaci sono i saṅkhārā (condizionanti): condizionante corporeo, verbale e mentale. Questi tre, o Monaci, sono chiamati saṅkhārā.“
-Paṭiccasamuppāda-Vibhaṅgasutta, SN 12.2
Nel Cūḷavedallasutta, la monaca Dhammadinnā spiega al suo ex marito Visākha il senso di questa esposizione concisa:
“Amico Visākha, inspirazione ed espirazione sono il condizionante del corpo, pensiero iniziale e pensiero ripetuto sono il condizionante della parola, percezione e sensazione, sono il condizionante della mente.”
“Perché, venerabile Signora, inspirazione ed espirazione sono il condizionante del corpo, perché pensiero iniziale e pensiero ripetuto sono il condizionante della parola, e perché percezione e sensazione sono il condizionante della mente?”
“Inspirazione ed espirazione, amico Visakha sono fenomeni di natura fisica, connessi al corpo; perciò l’inspirazione ed espirazione condizionano il corpo; Innanzitutto, o amico Visakha, si pensa e si pondera, dopodiché si inizia a parlare, perciò il pensiero iniziale e il pensiero ripetuto sono il condizionante della parola; Percezione e sensazione sono fattori mentali, sono elementi connessi alla mente-cuore, perciò essi sono condizionanti della mente.”
-Cūḷavedallasutta, MN 44.
3. Nimitta: ‘oggetto’ o ‘immagine’:
Yā kho, āvuso visākha, cittassa ekaggatā ayaṃ samādhi; cattāro satipaṭṭhānā samādhinimittā; cattāro sammappadhānā samādhiparikkhārā. Yā tesaṃyeva dhammānaṃ āsevanā bhāvanā bahulīkammaṃ, ayaṃ ettha samādhibhāvanā”ti.
“Amico Visākha, l’univocità mentale è il samādhi. I quattro fondamenti della consapevolezza sono l’immagine [nimittā, oggetto di meditazione per la coltivazione] del samādhi. i quattro sforzi armoniosi sono i prerequisiti necessari al samādhi. La pratica costante (āsevanā) di questi elementi di pratica, la loro coltivazione, il loro sviluppo, costituiscono la coltivazione del samādhi.”
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