Contatto, designazione e intenzione

“Il kamma, o monaci, deve essere compreso, l’origine del Kamma deve essere compresa, la varietà del kamma deve essere compresa, i risultati del kamma devono essere compresi, la cessazione del kamma deve essere compresa, il sentiero che conduce alla cessazione del kamma deve essere compreso.

Monaci, io asserisco che il Kamma è nell’intenzione[2]. essendovi un’intenzione, uno agisce tramite il corpo, la parola e la mente.
E qual è l’origine dell’intenzione? Il contatto[1], è l’origine dell’intenzione.


E cos’è la varietà del kamma? Vi è, o monaci, un kamma [i cui risultati] sono sperimentati nel reame infernale, un kamma [i cui risultati] sono sperimentati nel reame animale, un kamma [i cui risultati] sono sperimentati nel reame degli spiriti famelici, un kamma [i cui risultati] sono sperimentati nel reame umano, un kamma [i cui risultati] sono sperimentati nel reame divino. Questo, monaci, è la varietà del Kamma.

E qual è il risultato del kamma? Monaci, io affermo che il risultato del kamma è triplice: in questa stessa vita, nella successiva, o in qualche altra esistenza.


E cos’è la cessazione del Kamma? cessando il contatto, cessa il kamma; ed è proprio questo Nobile Ottuplice Sentiero la pratica che conduce alla cessazione del kamma, ovvero: la retta visione, la retta intenzione, la retta parola, retta azione, retto stile di vita, la retta applicazione, la retta consapevolezza ed il retto raccoglimento.”

– Nibbedhikasutta, AN 6.63

Note:

1. Il termine phassa, generalmente tradotto con ‘contatto’, indica ciò che si manifesta per via dell’interazione fra un oggetto dei sensi esterno e la corrispondente base sensoriale interna. E’ bene ricordare che con phassa non si intende una mera condizione materiale, in quanto esso è a tutti gli effetti uno stato mentale (cetasika) concomitante con la mente-coscienza; e tuttavia, il contatto non può avvenire unicamente a livello mentale, prescindendo dalla componente materiale.

Da una prospettiva buddhista, l’aspetto materiale di una data esperienza e la sua controparte mentale possono esistere solo in un rapporto di mutua dipendenza.Una traduzione più vicina al significato originale potrebbe essere ‘conflitto’ (impingement), inteso nella sua accezione etimologica latina di confligere, cozzare, urtare una cosa con l’altra.

Il Venerabile M. Punnaji Mahathera suggeriva il termine cognizione, l’atto di conoscere, la nozione acquistata. Nello specifico, ciò che viene conosciuto è l’oggetto, o più precisamente, la sua immagine mentale (rūpa, ‘ciò che appare’) a cui viene associato un nome (Nāma).

Secondo Punnaji, “Quando percepiamo un oggetto attraverso i nostri occhi, ciò che viene percepito con l’organo di senso visivo è semplicemente la luce riflessa dall’oggetto, che entra nel bulbo oculare, colpisce la retina nella parte posteriore del bulbo oculare, stimolando le milioni di terminazioni nervose sensibili alla luce poste nella retina, la quale invia impulsi al cervello attraverso i nervi ottici. Questi milioni di impulsi inviati al cervello di momento in momento vengono elaborati dal cervello, che costruisce un’immagine mentale dell’oggetto – la chiamiamo l’esperienza del “vedere”.

Il processo di costruzione a livello cerebrale è detto “saṅkhāra”, il quale produce la percezione (viññāṇa) dell’oggetto sotto forma di un’immagine mentale (rūpa) che identifichiamo dandogli un nome (nāma).

Il venerabile Punnaji spiega, con riferimento al Paticca Samuppada, che nel fare esperienza dell’ambiente circostante, noi non ci affidiamo a un solo senso ma a tutti e cinque i sensi e alla mente, utilizzando tutte le sei basi sensoriali per produrre l’esperienza oggettiva.

Phassa quindi è diventare consapevoli dell’esperienza oggettiva mediante l’applicazione delle sei basi sensoriali, le quali conducono alla consapevolezza del “mondo là fuori”. Phassa è la cognizione degli oggetti determinante l’esperienza oggettiva.

Bhante Punnaji definisce tale processo un “formare un oggetto”, in riferimento alla formazione dell’esperienza oggettiva”.Phassa ha due aspetti fondamentali: adhicavana (designazione) e paṭigha, (reazione, risposta); l’adhivacana è quella componente di phassa dove l’oggetto viene riconosciuto, designato e quindi nominato attraverso i fattori nominali (nāma) di sensazione, percezione, intenzione, contatto e attenzione (Vedanā, saññā, cetanā, phasso, manasikāro); paṭigha o reazione è l’immagine mentale generata dalla collisione fra l’oggetto materiale esterno e la relativa base sensoriale (vista, udito, olfatto, gusto, tatto e mente).

Ogni volta che percepiamo (viññāṇa) un oggetto (rupa), se vi è attenzione all’oggetto (manasikāra,) sorgerà il contatto (phassa), e simultaneamente, la sensazione (vedanā), la percezione (saññā) e l’intenzione (cetanā).

2. Nel percepire un determinato oggetto (ad esempio un libro sullo scaffale), l’interazione fra l’oggetto materiale e la facoltà visiva determinerà il contatto (phassa); volgendo l‘attenzione ad esso anziché guardare altrove, sperimenterò una sensazione, che potrà essere piacevole, (mi piace!), spiacevole (non mi piace!) o indifferente (non mi interessa!), la quale sarà legata alla percezione-riconoscimento (ecco il vecchio libro con la copertina blu sul buddhismo comprato anni fa), all’intenzione (cosa ne faccio? potrei leggerlo, metterlo via, regalarlo o buttarlo).

Come spiega Bhikkhu Bodhi, “una differenza nella sensazione potrebbe decidere se una persona è definita come amico o nemico, una differenza nella percezione se un frutto venga considerato maturo o acerbo, una differenza nell’intenzione se una tavola di legno venga designata come una futura porta oppure una futura scrivania, una differenza nell’attenzione se un oggetto in lontananza venga designato come in movimento oppure come fermo. Quando la designazione è attribuita all’oggetto, avviene l’unione della coscienza designante con l’oggetto designato attraverso la designazione.”

Bodhi definisce questi due aspetti come le due fasi di ricezione e risposta; la ricezione è il risultato del karma precedente che si manifesta come conflitto; la risposta invece implica la creazione di nuovo karma, ed è rappresentata dalla designazione, la quale si manifesterà nell’agire. Ogni conflitto suscita nella mente una designazione corrispondente, la quale produce un’azione considerata la risposta adatta a quello stimolo

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