Theragāthā
vīsatinipāta
paṭhamavagga
16.1. Adhimuttattheragāthā
248. Adhimutta
Nato all’epoca del presente Buddha come figlio della sorella del Thera Sankicca, lasciò il mondo (per diventare monaco) sotto la guida di suo zio, e mentre era solo un novizio, realizzò lo stato di arahant (liberazione); aspirando a ricevere la piena ordinazione, decise di tornare a casa per ottenere il permesso di sua madre. Mentre era in cammino, si imbatté in un gruppo di banditi alla ricerca di un’offerta sacrificale per le loro divinità, i quali lo rapirono per offrirlo in sacrificio. Ma egli, pur essendo stato assalito, rimase calmo e senza timore. Sorpreso, il capo dei banditi rivolse al Thera le seguenti parole:
“Yaññatthaṃ vā dhanatthaṃ vā,
ye hanāma mayaṃ pure;
Avasesaṃ bhayaṃ hoti,
vedhanti vilapanti ca.
“Coloro i quali in precedenza furono da noi uccisi,
a scopo sacrificale o come offerta rituale,
erano tutti, senza eccezione, impauriti,
tremanti e gementi.
Tassa te natthi bhītattaṃ,
bhiyyo vaṇṇo pasīdati;
Kasmā na paridevesi,
evarūpe mahabbhaye”.
In te non vi è paura,
ma sembri ancor più luminoso e calmo;
Perché non ti affliggi,
pur in mezzo ad una situazione così tanto spaventevole?”
“Natthi cetasikaṃ dukkhaṃ,
anapekkhassa gāmaṇi;
Atikkantā bhayā sabbe,
khīṇasaṃyojanassa ve.
“Non vi è sofferenza mentale
per chi è senza aspettative, Capobanda.
Invero, colui che ha esaurito i legami,
trascende ogni paura.
Khīṇāya bhavanettiyā,
diṭṭhe dhamme yathātathe;
Na bhayaṃ maraṇe hoti,
bhāranikkhepane yathā.
Con l’esaurirsi di ciò che conduce all’esistere,
vedendo la realtà per come realmente è,
egli non teme la morte,
come chi ha depositato un fardello.
Suciṇṇaṃ brahmacariyaṃ me,
maggo cāpi subhāvito;
Maraṇe me bhayaṃ natthi,
rogānamiva saṅkhaye.
Puro è il mio brahmacariya,
il sentiero è stato da me ben coltivato;
Non vi è paura della morte in me,
come il terminare di una malattia.
Suciṇṇaṃ brahmacariyaṃ me,
maggo cāpi subhāvito;
Nirassādā bhavā diṭṭhā,
visaṃ pitvāva chaḍḍitaṃ.
Puro è il mio brahmacariya,
il sentiero è stato da me bel coltivato;
vedo l’esistere come privo di valore,
come sputare un veleno dopo averlo bevuto.
Pāragū anupādāno,
katakicco anāsavo;
Tuṭṭho āyukkhayā hoti,
mutto āghātanā yathā.
Andato oltre, privo di attaccamento,
Compiuto il compito, libero dai veleni;
Contento, distrutta la vita,
Come chi viene rilasciato dall’esecuzione.
Uttamaṃ dhammataṃ patto,
sabbaloke anatthiko;
Ādittāva gharā mutto,
maraṇasmiṃ na socati.
Avendo realizzato il supremo dhamma,
privo di interesse in riguardo al mondo intero;
Come chi è scappato da una casa in fiamme,
egli non si affligge per la morte.
Yadatthi saṅgataṃ kiñci,
bhavo vā yattha labbhati;
Sabbaṃ anissaraṃ etaṃ,
iti vuttaṃ mahesinā.
Qualunque cosa composita,
Ovunque si ottenga l’esistere,
Tutto ciò non ha alcun Signore:
così fu detto dal Grande Saggio.
Yo taṃ tathā pajānāti,
yathā buddhena desitaṃ;
Na gaṇhāti bhavaṃ kiñci,
sutattaṃva ayoguḷaṃ.
Chi comprende tale realtà,
come insegnata dal Buddha;
non afferra esistenza alcuna,
Come [non afferrerebbe] una palla di ferro rovente.
Na me hoti ‘ahosin’ti,
‘bhavissan’ti na hoti me;
Saṅkhārā vigamissanti,
tattha kā paridevanā.
Non vi è in me un ‘Io fui’,
ne vi è un ‘io sarò’;
i condizionanti si dissolveranno,
perciò, perché affliggersi?
Suddhaṃ dhammasamuppādaṃ,
Suddhaṃ saṅkhārasantatiṃ;
Passantassa yathābhūtaṃ,
Na bhayaṃ hoti gāmaṇi.
Vedendo secondo realtà,
il puro sorgere dei fenomeni,
la pura continuità dei condizionanti,
Non vi è paura, Capobanda.
Tiṇakaṭṭhasamaṃ lokaṃ,
yadā paññāya passati;
Mamattaṃ so asaṃvindaṃ,
‘natthi me’ti na socati.
Quando egli saggiamente guarda
al mondo alla stregua di fili d’erba,
non trovando alcun ‘me’,
‘non esiste alcun me’ –egli non si rattrista.
Ukkaṇṭhāmi sarīrena,
bhavenamhi anatthiko;
Soyaṃ bhijjissati kāyo,
añño ca na bhavissati.
Disincantato verso questo corpo,
non mi interessa di ‘essere’;
Questo corpo verrà distrutto,
e non ve ne sarà un altro.
Yaṃ vo kiccaṃ sarīrena,
taṃ karotha yadicchatha;
Na me tappaccayā tattha,
doso pemañca hehiti”.
Fate ciò che desiderate con questo corpo;
In riguardo a ciò,
non vi sono in me né odio né affetto”.
Tassa taṃ vacanaṃ sutvā,
abbhutaṃ lomahaṃsanaṃ;
Satthāni nikkhipitvāna,
māṇavā etadabravuṃ.
Avendo udito quelle parole,
Essi provarono stupore e terrore;
Avendo deposto le loro spade,
quei giovani così dissero:
“Kiṃ bhadante karitvāna,
ko vā ācariyo tava;
Kassa sāsanamāgamma,
labbhate taṃ asokatā”.
“Cosa ha praticato il venerabile,
e chi è il vostro insegnante?
Praticando quale insegnamento
si ottiene lo stato privo di dolore?”
“Sabbaññū sabbadassāvī,
jino ācariyo mama;
Mahākāruṇiko satthā,
sabbalokatikicchako.
“Colui che tutto comprende e che tutto vede,
il Vittorioso (Jina), egli è il mio insegnante;
Il maestro dalla grande compassione,
il medico per il mondo intero.
Tenāyaṃ desito dhammo,
khayagāmī anuttaro;
Tassa sāsanamāgamma,
labbhate taṃ asokatā”.
Questo è l’ineguagliabile Dhamma da lui insegnato,
conducente alla distruzione [di dukkha];
Seguendo questo insegnamento,
si acquisisce lo stato privo di dolore”.
Sutvāna corā isino subhāsitaṃ,
Nikkhippa satthāni ca āvudhāni ca;
Tamhā ca kammā viramiṃsu eke,
Eke ca pabbajjamarocayiṃsu.
Avendo ascoltato le belle parole del saggio,
Quei banditi gettarono le loro spade e armi;
alcuni abbandonarono le loro attività [criminali],
altri dichiararono la loro [volontà di] lasciare la casa [per la vita monastica].
Te pabbajitvā sugatassa sāsane,
Bhāvetva bojjhaṅgabalāni paṇḍitā;
Udaggacittā sumanā katindriyā,
Phusiṃsu nibbānapadaṃ asaṅkhatanti.
Essendo stati introdotti nell’insegnamento del Sugata,
Quei saggi, coltivando i poteri e i fattori del risveglio,
Gioiosi, felici, con le facoltà sensoriali giunte a maturazione.
raggiunsero il sentiero dell’emancipazione, l’incondizionato.
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