“Aniccasaññā bhāvetabbā asmimānasamugghātāya. Aniccasaññino hi, meghiya, anattasaññā saṇṭhāti, anattasaññī asmimānasamugghātaṃ pāpuṇāti diṭṭheva dhamme nibbānan”ti.
“la percezione dell’impermanenza deve essere coltivata al fine di sradicare la presunzione dell’ ‘Io sono’. Meghiya, colui che percepisce l’impermanenza si stabilisce nella percezione del non-sé, e colui che percepisce il non-sé, sradica la presunzione dell’ ‘Io sono’, e realizza nel qui e ora la liberazione.”
“Kathaṃ bhāvitā ca, bhikkhave, aniccasaññā kathaṃ bahulīkatā sabbaṃ kāmarāgaṃ pariyādiyati … pe … sabbaṃ asmimānaṃ samūhanati? ‘Iti rūpaṃ, iti rūpassa samudayo, iti rūpassa atthaṅgamo; iti vedanā … iti saññā … iti saṅkhārā … iti viññāṇaṃ, iti viññāṇassa samudayo, iti viññāṇassa atthaṅgamo’ti—evaṃ bhāvitā kho, bhikkhave, aniccasaññā evaṃ bahulīkatā sabbaṃ kāmarāgaṃ pariyādiyati, sabbaṃ rūparāgaṃ pariyādiyati, sabbaṃ bhavarāgaṃ pariyādiyati, sabbaṃ avijjaṃ pariyādiyati, sabbaṃ asmimānaṃ samūhanatī”ti.
“Ma in che modo, o monaci, la percezione dell’impermanenza, allorché coltivata e sviluppata, conduce alla piena distruzione della brama di piacere sensuale e al completo sradicamento della presunzione dell’…
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