Il Caṅkīsutta e il concetto di verità


Caṅkīsutta,
Majjhima Nikaya 95
(estratti)

1.L’accertamento della verità

“Vi sono cinque elementi i quali posso produrre due risultati: fede (Saddhā), apprezzamento (ruci), adesione alla tradizione (anussavo), considerazione delle apparenze (ākāraparivitakko) e preferenza accordata ad un punto di vista sulla base del ragionamento (diṭṭhinijjhānakkhanti).

Anche se si ha fede in qualcosa, questa potrebbe risultare vuota[di significato], vana, falsa; tuttavia, anche in assenza di fede, questa potrebbe essere vera e reale, non altrimenti.

Anche se una cosa è apprezzabile…anche se questa è stata trasmessa accuratamente secondo tradizione…anche se appare accettabile…anche se sembra preferibile in base alle proprie convinzioni, questa potrebbe essere vuota, vana e falsa. Anche se una cosa non sembra piacevole…se differisce dalla tradizione…se appare inaccettabile…anche se non sembra preferibile, in base delle proprie convinzioni, questa potrebbe ugualmente essere vera e reale, non altrimenti.

Per una persona intelligente, interessata a salvaguardare la verità, non è appropriato giungere alla conclusione categorica: ‘questa è l’unica verità, tutto il resto è falso ‘”.

2.Salvaguardare la verità (saccamanurakkhati)

“Maestro Gotama, in che modo si salvaguarda la verità[1]?”

“Se una persona ha una certa convinzione, la sua affermazione, ‘Questa è la mia convinzione’, è in linea con la verità. Ma egli non è ancora giunto alla conclusione definitiva che ‘Solo questo è vero, tutto il resto è falso. In questo modo si salvaguarda la verità. Questo io definisco come il salvaguardare la verità. Tuttavia, ciò non significa ancora l’essersi risvegliati alla verità.”

3. Risvegliarsi alla verità (Saccānubodha)

“Maestro Gotama, in che modo ci si risveglia alla verità?”

“In questo caso, Bhāradvāja, un monaco vive in prossimità di un certo villaggio o città. Ed un capofamiglia o il figlio di un capofamiglia si recasse presso di lui e indagasse in merito a tre tipi di stati: stati basati sull’avidità, stati basati sull’odio e stati basati sull’ignoranza: “Ci sono in questo venerabile degli stati basati sull’avidità tali che, con la mente ossessionata da quegli stati, pur non sapendo potrebbe dire: “Lo so”, o pur non capendo dicesse: “Capisco”, o potrebbe esortare gli altri ad agire in un modo che porterebbe essere loro di danno e sofferenza per molto tempo?” Indagando in questo modo egli realizzasse: “In questo venerabile non ci sono stati del genere basati sull’avidità. Il comportamento fisico e verbale di questo venerabile non sono quelli di uno affetto da avidità. E il Dhamma che questo venerabile insegna è profondo, difficile da vedere e difficile da capire, pacifico e sublime, irraggiungibile con il semplice ragionamento, sottile, per essere sperimentato dai saggi. Un tale Dhamma non può essere insegnato facilmente da chi è affetto dall’avidità.

‘Quindi, dopo aver investigato quel monaco in tale modo, egli investiga ulteriormente in riguardo a stati mentali basati sull’odio […]sull’ignoranza[…][come nel paragrafo precedente]. “Avendo investigato in questo modo, avendo compreso che quel monaco è libero da stati basati sull’ignoranza, allora egli ripone la propria fiducia (saddha) in lui; sorta la fiducia, si reca a visitarlo (upasaṅkamati) e gli rende omaggio (payirupāsati); avendogli reso omaggio, si pone all’ascolto (sotaṁ odahati); ascoltandolo, ascolta il Dhamma (dhammaṁ suṇāti); avendo ascoltato il Dhamma, lo memorizza (dhammaṁ dhāreti) ed esamina il significato degli insegnamenti memorizzati (atthaṁ upaparikkhati); avendone esaminato il significato, egli sviluppa un’accettazione basata sulla riflessione di quegli insegnamenti (dhammanijjhānakkhantiyā); avendo ottenuto un’accettazione riflessiva degli insegnamenti, in lui sorge il desiderio [di praticare] (chanda); quando è sorto il desiderio, egli si applica con volontà (ussahati)[1] ; applicandosi con volontà, investiga (tuleti)[2]; avendo investigato, si sforza (padahati)[3]; sforzandosi risolutamente, realizza con il corpo la verità suprema e la vede penetrandola con saggezza.

In questo modo, Bhāradvāja, ci si risveglia alla verità; in questo modo uno si risveglia alla verità; in questo modo descriviamo il risveglio alla verità. Ma ancora non c’è un approdo finale alla verità”.

4. la realizzazione della verità (saccānuppatti)

“In che modo si arriva finalmente alla verità? domandiamo al Maestro Gotama circa l’approdo finale alla verità”.

“L’approdo finale alla verità, Bhāradvāja, risiede nella ripetizione, nello sviluppo e nella coltivazione di questi stessi elementi. In questo modo, Bhāradvāja, vi sarà un approdo finale alla verità; in questo modo si arriva finalmente alla verità; in questo modo descriviamo l’approdo finale alla verità”.

NOTE

1. Sacca, verità o realtà; il termine si riferisce alla comprensione della reale natura dei fenomeni (dhammā) secondo lo schema delle Quattro Nobili Verità: la comprensione della verità o realtà (vera natura) della sofferenza, delle sue cause, della sua cessazione e del Sentiero che conduce alla sua cessazione.
Il concetto di verità è quindi da intendersi in senso puramente pratico, in accordo all’escatologia buddhista. Il Buddha stesso affermò che “non vi è alcuna verità assoluta, in senso ontologico, al di là delle proprie percezioni soggettive”:

“Ekañhi saccaṃ na dutīyamatthi,
Yasmiṃ pajā no vivade pajānaṃ;
Nānā te saccāni sayaṃ thunanti,
Tasmā na ekaṃ samaṇā vadanti”.


“La verità/realtà è una sola,
non ne esiste una seconda;
In riguardo a ciò non vi è conflitto fra i saggi.[Tuttavia],
Gli asceti proclamano le proprie molteplici verità;
perciò essi non affermano tutti un’unica [verità].


“Na heva saccāni bahūni nānā,
Aññatra saññāya niccāni loke;
Takkañca diṭṭhīsu pakappayitvā,
Saccaṃ musāti dva­ya­dham­ma­māhu”.


“Nel mondo non esistono molteplici verità certe
al di fuori delle [proprie] percezioni;
Avendo fabbricato delle opinioni sulla base della speculazione logica,
essi asseriscono una dualità:
il vero e il falso.”

-Sutta Nipāta 4,12

2.ussahati: applicazione, si riferisce allo sviluppo del raccoglimento meditativo (samadhi), prerequisito all’introspezione (vipassana).
3.Tuleti: investigazione della natura mutevole, insoddisfacente, impersonale ed effimera di tutti i fenomeni ( vipassana).
4.padahati: lo strenuo impegno al fine di accedere alla visione profonda della realtà delle tre caratteristiche.

(Traduzione a cura di Davide Puglisi)

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