L’Origine Dipendente In Un Istante Di Coscienza

La Ruota dell’Esistenza Secondo L’Abhidhamma e Buddhaghosa

L’insegnamento sull’origine dipendente (In Pāli : paticcasamuppada) o Ruota dell’Esistenza, mira a esplicare l’origine causale della sofferenza; a causa della sua profondità e di altri fattori, questo insegnamento è stato, nel corso dei secoli, interpretato in svariati modi; i seguenti punti sono quelli di maggior rilevanza:

1.La presenza, all’interno corpus letterario buddhista, di differenti descrizioni, alcune più brevi, altre più lunghe ed articolate;

2.il significato attribuito dal Buddha a ciascun termine tecnico;

3. Dopo la morte del Buddha e dei suoi discepoli diretti, per via dell’impossibilità di ottenere delucidazioni circa i punti più oscuri, fra le diverse comunità monastiche sparse in area geografica molto vasta, sorsero diverse interpretazioni dei termini tecnici utilizzati dal Maestro e più in generale della dottrina dell’Origine Dipendente.

4.Elementi relativi al background culturale e religioso propri del luogo in cui questi insegnamenti si originarono;

5. L’aver perso di vista, nel corso dei secoli successivi la morte del Buddha, il contesto teoretico della sua predicazione e la peculiare didattica del Buddha;

8. La molteplicità di significato tipica del vocabolario del Buddha-Dhamma;

9. Inclinazioni e preferenze personali di esegeti e commentatori;

10. L’evoluzione del pensiero originario del Buddha in un sistema dottrinario coerente e codificato.

Tuttavia, in accordo al Sammohavinodani, un commentario all’Abhidhamma scritto dal venerabile Buddhaghosa ( V sec. d.C.), Il processo dell’Origine Dipendente può essere interpretato in due modalità : nella prima, è inteso come una concatenazione di eventi che si sviluppa, nella sua interezza nel corso di due o tre esistenze; nella seconda, come un processo che si manifesta simultaneamente in un singolo istante di coscienza. In questo articolo parleremo della seconda modalità, sulla base del testo radice del Vibhanga, il secondo libro dell’Abhidhamma, e del Sammohavinodani.

Il testo radice:

“Avijjāpaccayā saṅkhāro, saṅkhārapaccayā viññāṇaṁ, viññāṇapaccayā nāmaṁ, nāmapaccayā chaṭṭhāyatanaṁ, chaṭṭhāyatanapaccayā phasso, phassapaccayā vedanā, vedanāpaccayā taṇhā, taṇhāpaccayā upādānaṁ, upādānapaccayā bhavo, bhavapaccayā jāti, jātipaccayā jarāmaraṇaṁ.Evametassa kevalassa dukkhakkhandhassa samudayo hoti.”

“L’ignoranza determina la volizione[1], la volizione condiziona la coscienza, la coscienza condiziona il mentale (nama)[2], il mentale condiziona la sesta base, la sesta base condiziona il contatto[3], il contatto condiziona la sensazione, la sensazione condiziona la brama, la brama condiziona l’afferrare, l’afferrare condiziona l’esistere[4] l’esistere condiziona la nascita[5], la nascita condiziona invecchiamento e morte[6]; in questo modo viene a prodursi l’intera massa della sofferenza[7].”

-Abhidhamma Pitaka, Vibhaṅga 6.

2. Abhidhammabhājanīya, 2.1. Paccayacatukka

Note:

Le seguenti note sono tratte dal Sammohavinodani di Buddhaghosa.

1. “Il Maestro dalla conoscenza omnicomprensiva (Il Buddha N.d.R.), ha mostrato, nella Raccolta dei Sutta, sulla base della pluralità della coscienza, la struttura del condizionamento; ed ora, poiché la struttura del condizionamento esiste non solo in una pluralità di coscienze ma anche in una sola coscienza, egli ha affermato: Avijjāpaccayā saṅkhāro (l’ignoranza condiziona la volizione, al singolare!) e così via, al fine di esporre, attraverso la classificazione dell’Abhidhamma, la struttura del condizionamento in un singolo istante di coscienza nei suoi vari aspetti.” [932]

In primo luogo, per quanto riguarda queste quattro [modalità di esposizione], si parla di saṅkhāro (volizione) [al singolare], invece che di “volizioni” [al plurale] come nella classificazione del Suttanta.
Perché? Perché ci si riferisce ai singoli istanti di coscienza. [Nel Suttanta] viene spiegata la struttura del condizionamento nei termini di una serie di momenti coscienti. Qui invece viene affrontata nei termini di un singolo istante di coscienza. E poiché in un unico momento cosciente non può esserci una pluralità di volizioni, si parla di ‘volizione’ invece che di ‘volizioni’. ” [939]

2.In questo contesto , nell’affermazione “vinnānapaccayā nāmam” (la coscienza condiziona il mentale), è esclusa la materia (rūpa), e ciò per via dell’inclusione di tutti gli stati all’interno di un singolo momento di coscienza. Perciò, [il mentale] è compreso all’interno di un unico momento cosciente. Inoltre, in nessun caso la coscienza si manifesta se non nel luogo di sua pertinenza ( il corpo materiale N.d.T.). [940]

3.Poiché solo un tipo di contatto può essere incluso in un unico istante di coscienza, in questo contesto, prendendo la corrispondente base di senso come sua condizione, si dice: “il mentale condiziona la sesta base di senso”, enumerando la sola base mentale invece della classica sestuplice base. [940]

Quindi, prendendo l’appropriata base di senso come sua condizione, invece di “sestuplice base”, è detto: “il mentale condiziona la sesta base”. Questa è la condizione appropriata per un solo tipo di contatto. [940]

4.L’afferrare è condizione per l’esistenza (bhava) in sette modi; cioè come i sei modi condivisi da tutti gli stati: co-nascenza, reciprocità, sostegno, associazione, presenza e non scomparsa e come condizione di causa radice.

5.Per via del fatto che in questo caso con “nascita” ci si riferisce alla “caratteristica di ciò che è prodotto”(sahkhatalakkhana), 𝐥’𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 (𝐛𝐡𝐚𝐯𝐚) 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐝𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚 𝐢𝐧 𝐬𝐞𝐧𝐬𝐨 𝐟𝐢𝐠𝐮𝐫𝐚𝐭𝐨 {𝐩𝐚𝐫𝐢𝐲𝐚̈𝐲𝐞𝐧𝐚), unicamente come condizione decisiva di sostegno. 𝐋𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢𝐬𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨 𝐯𝐚𝐥𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐧𝐚𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚, 𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐚𝐢𝐚 𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐨𝐫𝐭𝐞.

6.Nonostante nascita, invecchiamento e morte non siano quantificabili in termini di istanti di coscienza, sono comunque inclusi, in quanto esistenti all’interno del singolo istante di coscienza. Nelle spiegazioni circa la nascita e gli altri stati, per via del fatto che qui ci si riferisce alla nascita di stati immateriali, il decadimento, l’ingrigire, la rugosità, il trapasso e la transitorietà non vengono discussi. [942]

7. Per via del fatto che lamento, tristezza eccetera non sono tutti prodotti in un singolo istante di coscienza, e non si manifestano in tutte le occasioni in cui la coscienza si manifesta o in tutte le coscienze, per questa ragione, non sono incluse[in questa esposizione]. [942]

– Sammohavinodani, VI

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