Titthāyatanasutta: Principi non buddhistici

Titthāyatanasutta
Discorso sui principi dei Titthiya
Aṅguttara Nikāya 3
7. Mahāvagga

«Vi sono, o monaci, questi tre principi dei Guadatori [1] che, allorché esaminati, analizzati, indagati dai saggi, ed essendo inoltre pervenuti da un lignaggio (parampi gantva)[2], sfociano nell’inazione . Quali tre?

1.Vi sono, o monaci, alcuni asceti e bramini che così asseriscono e opinano: ‘qualunque cosa una persona sperimenti, piacevole, dolorosa o indifferente, tutto ciò è determinato da quanto fatto in passato’.[3]

2.Vi sono, o monaci, alcuni asceti e bramini che così asseriscono e opinano: ‘qualunque cosa una persona sperimenti, piacevole, dolorosa o indifferente, tutto ciò è determinato dall’attività creativa del Signore’[4]

3. Vi sono, o monaci, alcuni asceti e bramini che così asseriscono e opinano: ‘qualunque cosa una persona sperimenti, piacevole, dolorosa o indifferente, tutto ciò accade senza cause e condizioni’. [5]

1. DETERMINISMOFATALISMO

Quindi, o monaci, io approcciai quegli asceti e bramini che asseriscono e opinano che qualunque cosa una persona sperimenti, piacevole, dolorosa o indifferente è determinata da quanto fatto in passato, e domandai loro: ‘è vero che i venerabili asseriscono tale dottrina e opinione? Avendoli così interrogati, essi mi risposero affermativamente. Allora, io dissi loro: stando così le cose, è per via di ciò che è stato fatto in passato che i venerabili tolgono la vita, prendono ciò che non gli è stato dato, sono immorali, mentono, profferiscono parole divisive, parole violente, indulgono in discorsi futili, sono colmi di desiderio, hanno una mente malevola e sono preda di punti di vista erronei’.

Colo i quali, o monaci, ripiegano sulla [teoria delle] azioni passate come la vera essenza [delle cose], non nutrono alcun interesse verso ciò che deve essere fatto o che non deve essere fatto, né si esercitano in tale senso. Non riconoscendo come vero e valido ciò che dovrebbe essere fatto e ciò che non dovrebbe essere fatto, essi vivono distrattamente e senza riguardo, e non possono essere legittimamente chiamati ‘asceti’. Questa, o monaci, fu la mia prima obiezione, in accordo al Dhamma, delle dottrine e opinioni di quegli asceti e sacerdoti.

2. CREAZIONISMO

Quindi, o monaci, io approcciai quegli asceti e bramini che asseriscono e opinano che qualunque cosa una persona sperimenti, piacevole, dolorosa o indifferente, tutto ciò è determinato dall’attività creativa del Signore, e domandai loro: ‘è vero che i venerabili asseriscono tale dottrina e opinione? Avendoli così interrogati, essi risposero affermativamente. Allora, io dissi loro: stando così le cose, è per via dell’attività creativa del Signore che i venerabili tolgono la vita, prendono ciò che non gli è stato dato, sono immorali, mentono, profferiscono parole divisive, parole violente, indulgono in discorsi futili, sono colmi di desiderio, hanno una mente malevola e sono preda di punti di vista erronei.’

Coloro i quali, o monaci, ripiegano sulla [teoria della] attività creativa del Signore come vera essenza [delle cose], non nutrono alcun interesse verso ciò che deve essere fatto o che non deve essere fatto, né si esercitano in tale senso. Non riconoscendo come vero e valido ciò che dovrebbe essere fatto e ciò che non dovrebbe essere fatto, essi vivono distrattamente e senza riguardo, e non possono essere legittimamente chiamati ‘asceti’. Questa, o monaci, fu la mia seconda obiezione, in accordo al Dhamma, delle dottrine e opinioni di quegli asceti e sacerdoti.

3. CASUALISMO

Quindi, o monaci, io approcciai quegli asceti e bramini che asseriscono e opinano che qualunque cosa una persona sperimenti, piacevole, dolorosa o indifferente, tutto ciò accade senza cause e condizioni, e domandai loro: ‘è vero che i venerabili asseriscono tale dottrina e opinione? Avendoli così interrogati, essi risposero affermativamente. Allora, io dissi loro: stando così le cose, è senza cause e condizioni che i venerabili tolgono la vita, prendono ciò che non gli è stato dato, soni immorali, mentono, profferiscono parole divisive, parole violente, indulgono in discorsi futili, che sono colmi di desiderio, hanno una mente malevola e sono preda di punti di vista erronei.’

Coloro i quali, o monaci, ripiegano sulla [teoria della] assenza di cause e condizioni come vera essenza[delle cose], non nutrono alcun interesse verso ciò che deve essere fatto o che non deve essere fatto, né si esercitano in tale senso. Non riconoscendo come vero e valido ciò che dovrebbe essere fatto e ciò che non dovrebbe essere fatto, essi vivono distrattamente e senza riguardo, e non possono essere legittimamente chiamati ‘asceti’. Questa, o monaci, fu la mia terza obiezione, in accordo al Dhamma, delle dottrine e opinioni di quegli asceti e sacerdoti.

Questi, o monaci, sono i tre principi settari i quali, allorché esaminati, interrogati e indagati dai saggi, se portati a conclusione, conducono all’inazione.

PRINCIPI DEL BUDDHA-DHAMMA

Invece, o monaci, questo Dhamma da me insegnato è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza. Ma qual è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato, incensurato dagli asceti e sacerdoti dotati di saggezza?

I sei elementi, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza.

Le sei basi del contatto, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza.

Le diciotto esaminazioni mentali, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza.

Le quattro Nobili Verità, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza.

1. I SEI ELEMENTI

I sei elementi, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza: così fu detto; ma in relazione a cosa ciò fu detto?

Vi sono, sei elementi — terra, acqua, fuoco, aria, spazio e coscienza; ed è in relazione a questi sei elementi che fu detto: ‘Il Dhamma da me insegnato è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di sagezza’.

2. LE SEI BASI DEL CONTATTO

Le sei sfere del contatto, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza; così fu detto; ma in relazione a cosa ciò fu detto?

Vi sono, o monaci, sei basi del contatto —  l’occhio è base per il contatto, l’orecchio è base per il contatto, il naso è base per il contatto, la lingua, il corpo, la mente è base per il contatto; ed è in relazione a queste sei basi del contatto che fu detto: ‘Il Dhamma da me insegnato è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza’.

3.LE DICIOTTO ESAMINAZIONI MENTALI

Le diciotto esaminazioni mentali, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza; così fu detto; ma in relazione a cosa ciò fu detto?

Avendo visto un oggetto tramite gli occhi, uno esamina l’oggetto che è base per il benessere, esamina l’oggetto che è base per il malessere, esamina l’oggetto che è base per l’equanimità; avendo udito un suono tramite l’orecchio, un odore tramite il naso, un gusto tramite la lingua, un tangibile tramite il corpo…avendo riconosciuto un pensiero tramite la mente, egli esamina quel pensiero che è base per il benessere, esamina quel pensiero che è base per il malessere, esamina quel pensiero che è base per l’equanimità; ed è in relazione a queste diciotto esaminazioni mentali che fu detto: ‘Il Dhamma da me insegnato è inconfutato, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza’.

4. LE QUATTRO NOBILI VERITÀ

Le Quattro Nobili Verità, o monaci, è quel Dhamma da me insegnato che è inconfutato, incorrotto, non criticato e incensurato da parte di quegli asceti e sacerdoti dotati di saggezza; così fu detto; ma in relazione a cosa ciò fu detto?

Sulla base dei sei elementi[6] avviene il concepimento (lett. la «discesa») nel ventre materno; con il concepimento, [si forma] lo psicosoma; lo spicosoma determina le sei basi sensoriali; le sei basi sensoriali determinano il contatto; il contatto determina la sensazione; ma è proprio per chi è dotato di sensibilità che io annuncio: ‘questa è la sofferenza’, ‘questa è l’origine della sofferenza’, ‘questa è la cessazione della sofferenza’, ‘questa è la via che conduce alla cessazione delle sofferenza’.

Qual è, o monaci, la nobile verità sulla sofferenza? la nascita è sofferenza, l’invecchiamento è sofferenza, la malattia è sofferenza, la morte è sofferenza; tristezza, lamento, dolore, sconforto e angoscia sono sofferenza; essere assoggettati a ciò che non si ama è sofferenza, separarsi da ciò che si ama è sofferenza, non ottenere ciò che si desidera è sofferenza; in breve, i cinque aggregati soggetti all’attaccamento sono sofferenza.

Ma qual è, o monaci, l’origine della sofferenza? L’ignoranza determina le formazioni, le formazioni determinano la cognizione; la cognizione determina lo psicosoma, lo psicosoma determina le sei basi sensoriali; le sei basi sensoriali determinano il contatto, il contatto determina la sensazione; la sensazione determina la sete, la sete determina l’attaccamento; l’attaccamento determina l’essere, l’essere determina la nascita; la nascita determina invecchiamento e morte; in questo modo si manifestano tristezza, lamento, dolore, sconforto e angoscia. Questa, o monaci è la nobile verità sull’origine della sofferenza.

Qual è, o monaci, la nobile verità sulla cessazione della sofferenza? Con la completa dissoluzione e cessazione di quest’ignoranza, cessano le formazioni; cessando le formazioni cessa la cognizione; cessando la cognizione cessa lo psicosoma; cessando lo psicosoma cessano le sei basi sensoriali; cessando le sei basi sensoriali cessa il contatto, cessando il contatto cessa la sensazione; cessando la sensazione cessa la sete, cessando la sete cessa l’attaccamento; cessando l’attaccamento cessa l’essere; cessando l’esistere cessa la nascita; cessando la nascita cessano invecchiamento e morte; in questo modo vi è la cessazione di tutto questo ammasso di sofferenza. Questa, o monaci, è chiamata la nobile verità sulla cessazione della sofferenza.

Ma qual è, o monaci, la nobile verità circa il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza? proprio questo nobile ottuplice sentiero, ovvero: corretta comprensione, corretta intenzione; corretta parola, corretta azione, corretto stile di vita; corretta applicazione, corretta consapevolezza, corretto raccoglimento. Questa, o monaci, è chiamata la nobile verità circa il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza; ed è in relazione a queste quattro nobili verità che fu detto: ‘Il Dhamma da me insegnato è inconfutato, incorrotto, non criticato, incensurato dagli asceti e sacerdoti dotati di saggezza’.»

NOTE

1.titthiya « Guadatori » , termine con cui il Buddha si riferiva ai membri delle altre comunità ascetiche quali i Jaina. All’epoca del Buddha, in India vi erano sessantadue diverse visioni filosofiche e sei dotti maestri che la tradizione scritturale buddhista definiva ‘eretici’ (aññatitthiyā), le cui dottrine si contendevano i favori di regnanti, ricchi patroni e devoti comuni. I sei dotti eretici avversari filosofici del Buddha furono: Pūraṇa Kassapa (akiriyāvāda- inefficacia delle azioni), Makkhali Gosāla (Ahetukadiṭṭhi– fatalismo), Ajita Kesakambala (natthikadiṭṭhi-nichilismo), Pakudha Kaccāyana (Sassatavada- eternalismo)Sañjaya Belaṭṭhaputta (amaravikkhepavada- scetticismo), Nigaṇṭha Nāṭaputta (aparigraha-moralismo/puritanesimo). Le loro dottrine sono enunciate e commentate nei discorsi del canone Buddhista in lingua pāli, in particolare nel Sāmaññaphalasutta o Discorso sui benefici dell’ascesi del Dīgha Nikāya e altrove, nei commentari.

2. Secondo il venerabile Anandajoti: «The syntax of these opening lines is not clear, and only through the bracketed addition, giving causal meaning, can we make good sense. The comm. says: ‘Param-pi gantvā’ ti ācariyaparamparā laddhiparamparā attabhāvaparamparā ti etesu yaṁ kiñci paramparaṁ gantvā pi; ‘have come down’ (means) a tradition (paramparā) coming from a teacher, a tradition coming from a theory, a tradition coming from an individual, whatever tradition has come down from these.»

3. Questa forma di determinismo assoluto e fatalista era tipico dei seguaci di Nigaṇṭha Nāṭaputta (ad es. Devadaha Sutta, Majjhima Nikāya 101); si veda inoltre, il Sīvaka Sutta (Samyutta Nikāya 36.21)

4. Il creazionismo era sostenuto dai seguaci del Bramanesimo, e rigettato da praticamente tutti i movimenti spirituali alternativi, Buddhismo incluso.

5. Il riferimento è probabilmente alla dottrina del Niyativada (fatalismo), e dell’ahetukadiṭṭhi, (non causalità) propugnata dall’Ajivika Makkhali Gosāla, da Purana Kassapa e dal nichilista Ajita Kesakambali.

6. Upādāya può significare, a seconda dei casi, «sulla base di», oppure, «appropriarsi», «attaccarsi», ovvero, considerare qualcosa (gli aggregati psicofisici) come io o mio.

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