
Venerabile Bhante Punnaji
All’inizio, meditazioni quali quella sul respiro o sulla benevolenza possono essere utili per calmare il corpo e la mente; la mettā è benevolenza universale, un ampliare la mente; la nostra mentre è ristretta perché pensiamo solo a noi stessi…io voglio questo e quello, io odio questo e quello; pensiamo sempre al nostro io, ma dovremmo pensare di non essere i soli al mondo; ci sono molte altre persone che amano il piacere e odiano il dolore, le quali soffrono perché non riescono ad ottenere la felicità.
Ci sono quattro parole chiave: mettā (benevolenza), karunā (compassione), mudita (gioia/felicità) e upekkha (equanimità). Mettā è ampliare la mente, mentre karunā indica la misura del nostro interesse per il benessere degli altri esseri, un interesse che non fa distinzioni fra noi e gli altri; gli altri sono altrettanto importanti di noi; la mettā è come una madre che è interessata al benessere dei propri figli oltreché al proprio.
Sviluppando questo modo di pensare, sviluppi karunā, che significa che il tuo egoismo si dissolve, e quando l’egoismo si dissolve, tu diventi felice. Mudita è la felicità nata dall’assenza di egoismo; mudita non è un’emozione, ma uno stato mentale calmo e tranquillo. La mente è centrata all’interno e non distratta da quanto accade all’esterno, dalle lodi e dalle critiche, dai guadagni e dalle perdite, dalla fama e dall’infamia, dalla felicità e dal dolore. Così, la mente non è più disturbata, perché focalizzata all’interno, e diviene calma e tranquilla. Questo è upekkha, equanimità.
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