I Cinque ostacoli alla meditazione

Vi sono cinque ostacoli principali (Pāli: pañca nīvaraṇāni) allo sviluppo della meditazione sul calmo dimorare (samatha) : desiderio di piacere (kāmacchanda), avversione (vyāpāda), agitazione e inquietudine (uddhaccakukkucca), torpore e pigrizia (thīnamiddha) e dubbio (vicikicchā).  

LAVORARE CON GLI OSTACOLI

1. LA PRATICA DI CONSAPEVOLEZZA

Questi cinque ostacoli alla calma non devono essere né negati o repressi né afferrati o rincorsi, ma bensì, portati entro l’alveo della consapevolezza (sati) e della chiara comprensione (sampajañña), come spiegato nel Satipaṭṭhāna sutta :

«In che modo il praticante si radica nell’osservazione della vera natura dei fenomeni? Dapprima, egli osserva gli oggetti mentali in relazione ai cinque impedimenti. Come li osserva?

1. Quando in lui è presente il desiderio sensuale, è consapevole: «In me è presente il desiderio piacere». Quando il desiderio non è presente, è consapevole: «In me non è presente il desiderio». Quando il desiderio incomincia a sorgere, egli ne è consapevole. Quando il desiderio già sorto viene abbandonato, egli ne è consapevole. Quando il desiderio già abbandonato non sorgerà nuovamente in futuro, egli ne è consapevole.

2. Quando in lui è presente l’avversione, è consapevole: «In me è presente l’avversione». Quando l’avversione non è presente, è consapevole: «In me non è presente l’avversione». Quando l’avversione incomincia a sorgere, egli ne è consapevole. Quando l’avversione già sorta viene abbandonata, egli ne è consapevole. Quando l’avversione già abbandonata non sorgerà nuovamente in futuro, egli ne è consapevole.

3. Quando in lui sono presenti torpore e pigrizia, è consapevole: «In me sono presenti torpore e pigrizia». Quando torpore e pigrizia non sono presenti, è consapevole: «In me non sono presenti torpore e pigrizia». Quando torpore e pigrizia incominciano a sorgere, egli ne è consapevole. Quando torpore e pigrizia già sorti vengono abbandonati, egli ne è consapevole. Quando torpore e pigrizia già abbandonati non sorgeranno nuovamente in futuro, egli ne è consapevole.

4. Quando in lui sono presenti l’agitazione e il rimorso, è consapevole: «In me sono presenti l’agitazione e il rimorso». Quando agitazione e inquietudine non sono presenti, è consapevole: «In me non sono presenti agitazione e inquietudine». Quando agitazione e inquietudine incominciano a sorgere, egli ne è consapevole. Quando agitazione e inquietudine già sorti vengono abbandonati, egli ne è consapevole. Quando agitazione e inquietudine già abbandonati non sorgeranno nuovamente in futuro, egli ne è consapevole.

5. Quando in lui è presente il dubbio, è consapevole: «In me è presente il dubbio». Quando il dubbio non è presente, è consapevole: «In me non è presente il dubbio». Quando il dubbio incomincia a sorgere, egli ne è consapevole. Quando il dubbio già sorto viene abbandonato, egli ne è consapevole. Quando il dubbio già abbandonato non sorgerà nuovamente in futuro, egli ne è consapevole.

Così il praticante si radica nell’osservazione della realtà dei fenomeni, interni o esterni, o di entrambi, interni ed esterni; egli si radica nell’osservazione del processo di manifestazione, del processo di dissoluzione dei fenomeni, o di entrambi, i processi di manifestazione e dissoluzione. Egli è consapevole del fatto: «vi sono questi fenomeni», fino al raggiungimento della comprensione e della piena consapevolezza.»

2.L’APPROCCIO SAMATHA

Una volta che il praticante ha preso consapevolezza della presenza di uno o più di questi stati mentali ostruttivi, se nel caso egli fosse intenzionato a coltivare il samādhi, la fase meditativa propedeutica alla vipassanā, dovrà impegnarsi nell’abbandonare tali stati. Per fare ciò, egli applicherà gli antidoti specifici per ciascun ostacolo, che sono rispettivamente:

1:Desiderio: contemplare gli svantaggi della sensualità e l’aspetto sgradevole degli oggetti dei sensi.

2:Avversione: le meditazioni su amorevole gentilezza, compassione, gioia altruistica ed equanimità.

3.Torpore e pigrizia: Il riflettere sulla morte e l’impermanenza, la meditazione camminata o in piedi, o portare lo sguardo ad una fonte di luce.

4.Agitazione e inquietudine: la consapevolezza del respiro.

5.Dubbio: approfondire gli aspetti su cui si nutrono dubbi con un istruttore o persona competente. Il termine Pāli per dubbio è vicikicchā; questo vocabolo deriva dal verbo ‘cikicchati’, ‘pensare’, ‘ragionare’ preceduto dal prefisso ‘vi’ (vigatā), che in questo contesto assume il significato di ‘disgiunto’. Vicikicchā è il pensare disarmonico, o semplicemente il dubbio/perplessità. Secondo Nina van Gorkom, «Il termine vicikicchā non indica il dubbio come lo intendiamo nel linguaggio convenzionale; vicikicchā è la perplessità concernente la realtà di ‘namarupa’ (nome e forma), il dubbio circa la legge di causa ed effetto, le quattro nobili verità e l’origine dipendente»; secondo il Sabbasava Sutta, (MN2) il dubbio è primariamente uno stato di perplessità esistenziale nato da modalità di pensiero erronee: «E con attenzione non saggia (errata) egli pensa: ‘sono mai esistito nelle epoche passate? O non sono mai esistito? Che cosa sono stato o non sono stato nelle epoche passate? E in che modo sono divenuto quel che allora sono stato? Esisterò’ o non esisterò’ nelle epoche future? E in che modo? Anche il presente lo riempie di dubbi: Esisto o non esisto? Che cosa e come sono? Da dove sono venuto e dove andrò’?»
Non a caso, il Bodhi Sutta (Ud.1.1) associa la comprensione della legge dell’interdipendenza alla risoluzione del dubbio esistenziale:

«Quando gli elementi generanti l’essere si palesano
al saggio risoluto nella meditazione,
tutti i suoi dubbi scompaiono,
allorché egli ha pienamente compreso
i fenomeni e le loro cause.»

Nel Saṅgārava Sutta, Il Buddha paragona i cinque ostacoli a cinque differenti tipi di acqua impiegati per osservare il riflesso del proprio volto:

1.Desiderio di piacere

«Un individuo con la mente ostruita e dominata dal desiderio è incapace di comprendere secondo realtà il sorgere e lo svanire del desiderio stesso; in quel momento, egli non è in grado di comprendere, di vedere secondo realtà il proprio bene, né il bene altrui, né il bene di entrambi [..] come se vi fosse una bacinella ricolma d’acqua intrisa di lacca, curcuma, colorante blu o porpora, e un uomo dotato di buona vista desiderasse osservarvi l’immagine del proprio volto: egli non riuscirebbe né a vedere né a riconoscere il proprio volto per come esso realmente è; similmente, un individuo con la mente ossessionata e dominata dal desiderio sensuale è incapace di comprendere secondo realtà il sorgere e lo svanire del desiderio sensuale..

2.Avversione

Inoltre, un individuo con la mente ossessionata e dominata dall’avversione, è incapace di comprendere secondo realtà il sorgere e lo svanire dell’avversione stessa; in quel momento, egli non è in grado di comprendere, di vedere, secondo realtà il proprio bene, né il bene altrui, né il bene di entrambi[..]come si vi fosse una bacinella ricolma d’acqua messa a scaldare sul fuoco, bollente e ribollente, e un uomo dotato di buona vista desiderasse osservarvi l’immagine del proprio volto: egli non riuscirebbe né a vedere né a riconoscere il proprio volto per come esso realmente è; similmente..

3.Pigrizia e torpore

Inoltre, un individuo con la mente ossessionata e dominata da pigrizia e torpore, è incapace di comprendere secondo realtà il sorgere e lo svanire di pigrizia e torpore; in quel momento, egli non è in grado di comprendere, di vedere secondo realtà il proprio bene, né il bene altrui, né il bene di entrambi[..]come se vi fosse una bacinella ricolma d’acqua coperta da piante acquatiche e alghe, e un uomo dotato di buona vista desiderasse osservarvi l’immagine del proprio volto: egli non riuscirebbe né a vedere né a riconoscere il proprio volto per come esso realmente è; similmente..

4.Agitazione e inquietudine

Inoltre, un individuo con la mente ossessionata e dominata da agitazione e inquietudine, è incapace di comprendere secondo realtà il sorgere e lo svanire di agitazione e inquietudine; in quel momento, egli non è in grado di comprendere, di vedere, secondo realtà il proprio bene, né il bene altrui, né il bene di entrambi[..]come se vi fosse una bacinella ricolma d’acqua mossa dal vento, agitata, vorticante, ondosa, e un uomo dotato di buona vista desiderasse osservarvi l’immagine del proprio volto: egli non riuscirebbe né a vedere né a riconoscere il proprio volto per come esso realmente è; similmente..

5.Dubbio scettico

Inoltre, un individuo con la mente ossessionata e dominata dal dubbio scettico, è incapace di comprendere secondo realtà il sorgere e lo svanire del dubbio; in quel momento, egli non è in grado di comprendere, di vedere secondo realtà il proprio bene, né il bene altrui, né il bene di entrambi[..]come se vi fosse una bacinella ricolma d’acqua contaminata, torbida, fangosa, conservata in un luogo buio, e un uomo dotato di buona vista desiderasse osservarvi l’immagine del proprio volto: egli non riuscirebbe né a vedere né a riconoscere il proprio volto per come esso realmente è; similmente, un individuo con la mente ossessionata dal dubbio, dominata dal dubbio, è incapace di comprendere secondo realtà il sorgere e lo svanire del dubbio stesso; in quel momento, egli non è in grado di comprendere, di vedere secondo realtà il proprio bene, né il bene altrui, né il bene di entrambi..

3.LA VISIONE PROFONDA DI VIPASSANA

Tuttavia, l’approccio samatha non rappresenta la soluzione definitiva al caos generato dai cinque ostacoli, ma solamente una tattica da applicare in via temporanea; la soluzione definitiva è invece data dalla coltivazione della visione profonda (vipassanā) della natura degli ostacoli stessi; ciò significa che il praticante, una volta sviluppata una certa quantità di calma fisica e mentale, dovrà procedere osservando direttamente la natura transitoria, insoddisfacente, dipendente, impersonale e vuota di concretezza degli ostacoli e delle afflizioni nel momento stesso in cui queste si manifestano. I metodi per fare ciò sono presentati sinteticamente nello schema dei cosiddetti «sette fattori del risveglio». In questo metodo, gli strumenti per coltivare la consapevolezza (fase 1), la calma dimorante di samatha (fase 2) e la visione profonda di vipassanā (fase 3) vengono integrati in un unico processo e coltivati in maniera armoniosa. Ancora dal Saṅgārava Sutta:

«Vi sono questi sette fattori conducenti al risveglio, che non ostacolano, non ostruiscono e non inquinano la mente, i quali, allorché coltivati e sviluppati conducono alla realizzazione della conoscenza e alla liberazione. Quali sette? Il fattore risvegliante della consapevolezza (sati), il fattore risvegliante dell’investigazione della realtà (dhamma vicaya), il fattore risvegliante dell’applicazione (viriya), il fattore risvegliante della gioia mentale (pīti), il fattore risvegliante della quiete (passaddhi), il fattore risvegliante del raccoglimento (samādhi), e il fattore risvegliante dell’equanimità (upekkhā) » .

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