Perché Medito?

Appunti dall’incontro di meditazione del 2 Novembre 2022

COS’È LA MEDITAZIONE?

Vi sono svariati approcci alla meditazione, tuttavia, in accordo alla visione del Buddha, questa antica pratica spirituale è detta, «Cittabhāvanā», ovvero, un processo di coltivazione di quelle qualità cognitive come la consapevolezza, la diligenza e l’attenzione; in lingua pāli, questo stato di consapevolezza è detto sati; sati significa presenza, attenzione, consapevolezza.

Consapevolezza è attenzione rivolta al presente, una presenza viva e gentile che osserva in una modalità scevra di quel giudizio aspro e censore che non di rado caratterizza l’attitudine di molti nei propri confronti.

Sati è per sua natura inclusiva e accogliente, in quanto il suo compito è di comprendere la struttura fondamentale del condizionamento che ci porta a soffrire.

Per liberarci da questo condizionamento e dai suoi frutti, dobbiamo comprendere a fondo le cause, e questa comprensione, detta vijjā, è uno stato cognitivo diametralmente opposto alla avijjā, o ignoranza, la quale è definita dal Buddha come la radice fondamentale di ogni nostra sofferenza.

Avijjā significa non comprensione, nella fattispecie, la non comprensione della sofferenza stessa e delle sue cause, le dinamiche che ci conducono a sperimentare dukkha (sofferenza); avijjā implica altresì la non comprensione della possibilità di emanciparsi dalla sofferenza attraverso l’eliminazione delle sue cause, nonché del sentiero o metodo che conduce all’emancipazione.

Questi quattro elementi sono conosciuti come le Quattro Nobili Verità del Buddha. Il processo che conduce a soffrire è esposto con dovizia di particolari un un ciclo di insegnamenti noti come “la ruota dell’esistenza” oppure “Origine Dipendente”. Comprendere l’origine dipendente significa comprendere le quattro verità del Buddha.

La meditazione, in tutte le sue forme e manifestazioni, assieme agli altri fattori del sentiero Buddhista per la liberazione, è esattamente lo strumento che ci consente di realizzare le quattro verità e di pervenire alla liberazione esistenziale.

LA MEDITAZIONE DI BENEVOLENZA

Appunti dall’incontro di meditazione del 2 Novembre 2022

Contempla quanto segue:

Per prima cosa, porta l’attenzione al presente; accoglio nel campo della consapevolezza la corporeità, così come si presenta; quindi, ascolta il respiro così com’è in questo momento, senza pretendere che sia diverso da come esso è;
ascolta quindi le sensazioni e lo stato mentale/emotivo per come sono, senza cercare di cambiarli, senza rincorrerli o volerli trasformare…

A questo punto, utilizzando il potere evocativo del pensiero per generare nella mente lo stato di mettā, (si diventa ci ciò che si pensa), medita su quanto segue:

‘Aham avero homi’:

Possa io essere libero dal risentimento,
Possa io essere libero dalla malevolenza,
Possa io essere libero dalla sofferenza,
possa io custodire il mio stesso benessere…

Spiegazione: La non-accettazione e il risentimento verso se stessi sono causa di molti problemi interiori, relazionali e sociali, perché siamo portati a proiettare la non accettazione che nutriamo verso noi stessi sul mondo esterno e sul prossimo. Tutto ciò accade a livello inconscio; non ci rendiamo nemmeno conto che stiamo proiettando risentimento e resistenza dall’interno verso l’esterno.

La tendenza inconscia all’avversione è detta ‘dosānusaya’, la tendenza inconscia alla resistenza è detta ‘paṭighānusaya’.Per questa ragione, il Buddha raccomandava di accompagnare la coltivazione della gentilezza amorevole alla pratica della consapevolezza introspettiva (e viceversa).

Dai Discorsi del Buddha:

«coltivate il fattore risvegliante della consapevolezza congiuntamente alla benevolenza, sulla base dell’indipendenza, dell’emancipazione, della cessazione, culminanti nella liberazione.»

Con mettā,

Davide A.Puglisi
Centro Dharma Saronno

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