𝗡̃𝗮̄𝗻̣𝗮𝘃𝗶̄𝗿𝗮 𝗧𝗵𝗲𝗿𝗮 𝗲 𝗹𝗮 𝗻𝗲𝗴𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝗲́

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𝗡̃𝗮̄𝗻̣𝗮𝘃𝗶̄𝗿𝗮 𝗧𝗵𝗲𝗿𝗮 𝗲 𝗹𝗮 𝗻𝗲𝗴𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝗲́

Sulla questione relativa ad 𝘢𝘯𝘪𝘤𝘤𝘢, 𝘥𝘶𝘬𝘬𝘩𝘢 𝘦 𝘢𝘯𝘢𝘵𝘵𝘢̄: 𝘓’𝘢𝘯𝘪𝘤𝘤𝘢𝘵𝘢̄ o transitorietà insegnata dal Buddha nel contesto di questa triade non indica in alcun modo la mera transitorietà che chiunque può osservare attorno a sé in qualunque momento della sua vita; si tratta di qualcosa di molto più sottile. Bisogna affermare chiaramente, che il 𝘱𝘶𝘵𝘩𝘶𝘫𝘫𝘩𝘢𝘯𝘢 non possiede la percezione della transitorietà, non possiede la percezione del 𝘥𝘶𝘬𝘬𝘩𝘢, e non possiede la percezione di 𝘢𝘯𝘢𝘵𝘵𝘢̄.

Questi tre fenomeni nascono e muoiono congiuntamente, e nessuna persona ancora soggetta ad 𝘢𝘵𝘵𝘢𝘷𝘢̄𝘥𝘶𝘱𝘢̄𝘥𝘢̄𝘯𝘢 (almeno fino al livello di un 𝘴𝘰𝘵𝘢̄𝘱𝘢𝘯𝘯𝘢) percepisce 𝘢𝘯𝘪𝘤𝘤𝘢𝘵𝘢̄ nel senso essenziale del termine. Per questa ragione considero gli apprezzamenti al Buddhismo da parte dei fisici nucleari, sulla base delle similarità dei punti di vista circa la transitorietà, un malinteso.

È degno di nota che il motto di Oppenheimer si basa su di un fraintendimento. L’impossibilità di dare una definizione certa di un elettrone non ha nulla a che vedere con l’impossibilità di dare una definizione certa del ‘sé’. L’elettrone, nella teoria dei quanti, è definito in termini di probabilità, e un’affermazione definitiva in riguardo a ciò che è essenzialmente indefinito, non può essere fatta.

Tuttavia, 𝘢𝘵𝘵𝘢̄, non è un’indefinitezza; è un inganno, e un inganno ( come ad esempio, un miraggio) può essere definito come uno desidera — l’unico problema è che esso non è ciò che uno si immagina. Asserire qualunque cosa, positiva o negativa, in riguardo al sé, significa accettare una moneta fasulla sulla base del suo valore nominale.

Rileggendo il Vacchagotta Sutta[1], noterai che il Buddha si astenne sia dall’asserire che dal negare l’esistenza di un sé proprio per questa ragione.

Da questo punto di vista, l’idea che il Buddha asserì che non vi è un sé necessita di correzione. Ciò che il Buddha disse è che ‘𝘴𝘢𝘣𝘣𝘦 𝘥𝘩𝘢𝘮𝘮𝘢 𝘢𝘯𝘢𝘵𝘵𝘢̄’ — nessuna cosa è sé —, che non è la stesa cosa. ‘𝘚𝘢𝘣𝘣𝘦 𝘥𝘩𝘢𝘮𝘮𝘢 𝘢𝘯𝘢𝘵𝘵𝘢̄’ significa ‘se cerchi un sé non lo troverai’, il che significa ‘il sé è un miraggio, un inganno.’ Ciò non significa che il miraggio, in quanto tale, non esiste.

L’insegnamento del Buddha sull’𝘢𝘯𝘢𝘵𝘵𝘢̄ non ha davvero nulla a che vedere con il problema dell’auto-identità. 𝘈𝘯𝘢𝘵𝘵𝘢̄ ha a che vedere con il ‘sé’ in quanto soggetto (Io). Questo è un problema di una difficoltà considerevolmente maggiore di quanto generalmente si pensi.

Tratto da: Clearing The Path,

letters to Mr. R.G. De. S. Wettimuny

NOTE

Ānandasutta

Saṃyutta nikāya 44

1. Abyākatavagga

Quindi, l’asceta errante Vacchagotta si recò dal Beato, ed una volta arrivato, scambiò con lui amichevoli saluti, e avendo reciprocato cordiali saluti e cortesie si sedette di lato. E sedendo al suo fianco, l’asceta errante Vacchagotta disse al Sublime:

“Venerabile Gotama, esiste il Sé?”.

A questa domanda, il Sublime rimase in silenzio.

“Allora, venerabile Gotama, non esiste alcun Sé?”.

E per la seconda volta il Sublime rimase in silenzio.

Quindi, l’asceta Vacchagotta si alzò dal suo seggio e se ne andò. Non molto dopo che l’asceta Vacchagotta se n’era andato, il venerabile Ānanda disse al Sublime:

“Signore, perché il Beato non ha risposto alle domande dell’asceta errante Vacchagotta?”

Ānanda, se alla domanda dell’asceta Vacchagotta ‘Esiste un Sé?’, io avessi risposto: ‘Il Sé esiste’, sarei stato associato a quegli asceti e sacerdoti assertori di teorie eternaliste.

“Ānanda, se alla domanda dell’asceta Vacchagotta ‘Allora non esiste alcun Sé?’, io avessi risposto: ‘Il Sé non esiste’, sarei stato associato a quegli asceti e sacerdoti assertori di teorie nichiliste”.

Ānanda, se alla domanda dell’asceta Vacchagotta ‘esiste un Sé?’, io avessi risposto: ‘Il Sé esiste’, forse che ciò sarebbe stato coerente con il manifestarsi della conoscenza che ‘tutti i fenomeni sono non-sé’?.

“No di certo, Signore”.

“Ānanda, se alla domanda dell’asceta Vacchagotta ‘Allora non esiste alcun sé?’ io avessi risposto: ‘Il Sé non esiste’, ciò avrebbe fatto aumentare la confusione nel già confuso asceta Vacchagotta. [che avrebbe pensato]:’Prima avevo un sé ed ora non ce l’ho più!’”.

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