Yoniso manasikārā: La saggia riflessione

Venerabile P.A. Payutto

Il termine sati significa semplicemente «ricordare», ma tale traduzione potrebbe dare l’idea che si tratti semplicemente di un aspetto della memoria. Sebbene la memoria sia un elemento della funzione di sati, ciò non rende piena giustizia al significato essenziale del termine. In senso negativo, oltre al significato di ‘non dimenticanza’ (la controparte diretta del termine positivo ‘ricordare’), sati si riferisce anche a ‘non-negligenza’, ‘non-distrazione’, ‘non- sfocatura e confusione ‘.

Questi significati espressi negativamente indicano le qualità positive di cura, circospezione, prontezza ai propri doveri e la condizione di essere costantemente presenti nella consapevolezza delle varie cose con cui entriamo in contatto, nonché la facoltà di rispondere ad esse in modo appropriato. In particolare, quando si parla di condotta etica, il funzionamento di sati è spesso paragonato a quello di un guardiano, il cui compito è di controllare le persone che entrano ed escono, regolando gli affari, consentendo l’ingresso e l’uscita a coloro i quali è appropriato e vietandolo a coloro i quali non lo è.

Il Buddhadhamma enfatizza l’importanza di sati a ogni livello di condotta etica. Vivere o praticare il Dhamma costantemente governati da sati è detto «appamāda» o diligenza. L’appamāda è di fondamentale importanza per progredire in un sistema etico, ed è solitamente definito come una ‘non separazione’ da sati. Dal punto di vista del suo significato, appamāda è classificato come un “fattore interno”, così come yoniso manasikārā (abile riflessione), e forma una coppia con la sua controparte esterna, kalyanamittata (l’associarsi ad amici virtuosi).
Nei testi attribuiti al Buddha, il significato di questo termine si sovrappone a quello di yoniso-manasikara, poiché questi due dhamma hanno la stessa importanza, sebbene differiscano nell’applicazione.

Yoniso-manasikārā è inclusa nella sezione Pañña (saggezza) del sentiero; d’altra parte, appamāda fa parte della sezione del samādhi (meditazione); appamāda è ciò che governa l’uso della yoniso manasikārā, sollecita il suo impiego e ispira costantemente a ulteriori progressi.
Un altro elemento importante dei principi generali della pratica, e il cui esame aiuta a chiarire ulteriormente quelle caratteristiche speciali che distinguono vipassanā da samatha, è yoniso-manasikārā (abile riflessione).

Yoniso manasikārā è un fattore mentale che favorisce la nascita della saggezza ed è di conseguenza di grande importanza nella vipassanā. Nella pratica di samatha, sebbene possa essere un utile supporto in molte occasioni, ha un significato minore e, in alcune occasioni, può essere ridondante, essendo sufficiente la normale considerazione.

Per espandere questo punto, nello sviluppo di samatha, se tutto va liscio e i risultati sono debitamente sperimentati, non c’è bisogno di fare uso di yoniso manasikārā. Tuttavia, in quelle occasioni in cui la mente rifiuta l’attenzione all’oggetto, si mostra recalcitrante a qualunque forma di disciplina e indugia sull’agitazione, oppure in quei temi di meditazione, ad es. metta, che richiedono una certa misura di pensiero riflessivo, potrebbe essere necessario un mezzo abile per guidare la mente. In tal caso, è necessaria l’assistenza di yoniso-manasikārā, uso intelligente del processo di pensiero, per guidare la mente sul percorso corretto verso il suo obiettivo.

Un esempio potrebbe essere saper riflettere in modo da arrestare la rabbia e provocarne la sostituzione con metta. Dalla prospettiva di samatha della pratica, la yoniso manasikārā che può essere richiesta è unicamente del tipo che induce gli stati salutari; non c’è bisogno di invocare il tipo che attiva la visione chiara della vera natura delle cose. In vipassana, yoniso-manasikārā è un passo importante sulla via della saggezza ed è quindi un principio essenziale del Dhamma. Yoniso-manasikārā precede direttamente la saggezza; essa apre la strada alla sapienza, apre uno spazio in cui la sapienza può maturare. Le sue caratteristiche e il funzionamento sono così simili a quelli di pañña (saggezza) che, quando si parla di essi, spesso si tende ad essere un po’ sciolti nell’espressione, riferendosi per nome a uno solo e in realtà significando entrambi, causando così agli studenti difficoltà nel distinguerli.

Yoniso manasikārā funge da collegamento tra consapevolezza (sati) e saggezza (pañña). È ciò che guida il flusso del pensiero in modo tale che la saggezza sia in grado di mettersi al lavoro e ottenere risultati. In altre parole, è ciò che fornisce alla saggezza il metodo; è il mezzo abile impiegato nell’uso efficace della saggezza. Gli studenti di Dhamma tendono a confondersi perché, nel linguaggio generale, il termine ‘yoniso- manasikārā’ è usato per riferirsi sia al mezzo o metodo di pensiero (che è il suo vero significato), sia anche al successivo impiego di pañña in linea con quel metodo.

Così, come è comunemente usato, il termine implica sia riflessione che saggezza, in altre parole, ‘riflessione saggia’. Questa ambiguità può verificarsi anche quando si parla delle espressioni pratiche di pañña. Ad esempio, quando si usa il termine ‘dhammavicaya’ (investigazione degli stati mentali), di solito si è lasciati a capire da soli che dhammavicaya denota l’impiego della facoltà di saggezza per discriminare tra gli stati usando uno dei metodi forniti da yoniso manasikārā.

Per dimostrare il processo implicato come una sequenza di eventi, si potrebbe dire che quando sati richiama alla mente un oggetto e lo depone in piena vista della mente, yoniso manasikārā, per così dire, lo raccoglie e lo manipola in modo tale modo che pañña possa esaminarlo e poi affrontarlo in modo efficace. Yoniso-manasikārā fissa gli aspetti riconducibili al funzionamento di pañña e determina il corso che dovrebbe prendere. Pañña procede di conseguenza, e se yoniso-manasikārā ha svolto bene il lavoro di base, i suoi sforzi daranno frutti. Sati è presente in ogni fase di questo processo perché, ogni volta che yoniso-manasikara è in funzione, sati è sempre presente. È supportato da, e a sua volta sostiene, yoniso-manasikārā in vipassanā.

Si può fare un paragone con qualcuno su una barca a remi su un fiume agitato, che raccoglie fiori o verdure d’acqua. In primo luogo, quella persona lega la barca o la ancora in modo tale che rimanga ferma nel punto in cui crescono le piante. Quindi con una mano afferra gli steli, li raccoglie e li espone il più comodamente possibile per la raccolta. Con l’altra mano, usando lo strumento che ha preparato per il lavoro, li taglia. Sati può essere paragonata all’ancora che stabilizzava la barca, permettendo all’uomo di rimanere a portata delle piante. La barca, tenuta ferma in un dato punto, può essere paragonata alla mente. La mano che afferra gli steli delle piante e li tiene in modo conveniente è yoniso-manasikārā. L’altra mano, usando uno strumento affilato per tagliare i gambi, è come la pañña.

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