Sex In the Dharma

Disciplina monastica e pratiche antinomiche nel Buddhismo indotibetano

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Uno degli aspetti che maggiormente colpiscono le persone che da poco si sono avvicinate alla via del Buddha Γ¨ quello del celibato dei monaci e monache; questa pratica o disciplina Γ¨ inclusa nei quattro voti radice del codice disciplinare monastico, la cui rottura comporterebbe l’esclusione dall’ordine stesso.

Tuttavia bisogna ricordare che in origine si trattava di celibato volontario; solo in seguito sorse la necessitΓ  di istituire un voto di celibato il quale implicava anche la castitΓ .

Le ragioni che spinsero il Buddha a istituire questo precetto avevano a che vedere con la necessitΓ  di mantenere un rapporto armonioso fra i membri della comunitΓ  monastica e fra quest’ultimi e i sostenitori laici.

Gli asceti girovaghi come Gautama o Mahāvira erano celibi per propria scelta; si trattava di individui che avevano avuto esperienze di vita molto intense dal punto di vista mondano, i quali, dopo aver sviluppato una completa disillusione in riguardo alla mondanitΓ  e all’edonismo, decidevano di abbandonare la vita fatta di agi e lussi per dedicarsi alla ricerca di una felicitΓ  piΓΉ sottile e profonda.

Buddha, Mahāvira e i loro primissimi discepoli, erano persone autentiche che avevano toccato con mano la natura insoddisfacente ed effimera di uno stile di vita improntato all’edonismo.

Fu solo in seguito, per ovviare alle critiche rivolte ai membri della comunitΓ  monastica da parte dei laici, che si ebbe la necessitΓ  di regolare i rapporti fra monaci e laici imponendo la regola del celibato.

Ed Γ¨ tuttavia chiaro a tutti che questo genere di disciplina, allorchΓ© imposta e non frutto di una genuina elevazione spirituale, ha prodotto e ancora produce piΓΉ problemi di quanti se ne proponeva di risolvere in origine.

La disciplina monastica era originariamente intesa come un mezzo per semplificare la vita dei rinuncianti, in modo che questi potessero concentrarsi piΓΉ agevolmente sulla pratica contemplativa. Tale semplificazione si traduceva in una serie di norme prescrittive il cui obiettivo era di rendere piΓΉ armonica la vita dei monaci e generare fiducia nei laici, fiducia che si traduceva in sostegno materiale e devozione spirituale.

Queste norme presero collettivamente il nome di vinaya. Il termine vinaya, sovente tradotto con Disciplina, deriva dal vocabolo pāli β€˜vineti’, tradotto nelle lingue occidentali come β€˜condurre’ , ma anche come β€˜rimuovere’ o β€˜abbandonare’; Il Vinaya costituisce l’insieme dei precetti e dei metodi relativi all’addestramento etico della disciplina monastica (Regole del Pāṭimokkha), descritti nella raccolta di testi nota come Vinaya PiαΉ­aka, β€œIl Canestro della Disciplina”.

Secondo i testi della tradizione Theravāda, Il Buddha incaricΓ² il venerabile Upāli di preservare e trasmettere il Vinaya Pitaka alle future generazioni; In gioventΓΉ Upāli fu barbiere di corte presso la corte dei Sakya, il clan di discendenza del Buddha; in seguito, divenuto monaco assieme ai piΓΉ noti Δ€nanda e Devadatta, gli venne affidato il compito di radere la testa ai nuovi monaci, guadagnandosi cosΓ¬ l’opportunitΓ  di assistere a tutte le nuove ordinazioni, fino a diventare un esperto conoscitore delle procedure e delle regole del Pāṭimokkha. Upāli Γ¨ considerato come il primo Vinayadhara o Detentore del lignaggio della Disciplina.


In quel particolare contesto culturale, l’idea che un asceta dedito alla ricerca della liberazione dalla coercizione prodotta dai desideri si lasciasse andare ad atti di libidine, con un partner o in solitudine, era vista come una contraddizione inaccettabile, al limite della frode religiosa!

Il Tantra nel sistema Buddhista

Il tantra (termine sanscrito traducibile con ‘trama’, ovvero ‘continuitΓ ’) Γ¨ un sistema di pratiche ascetico-rituali dal carattere tipicamente antinomiche nato in ambito induista e successivamente incorporato, previo adattamento teorico, nel sistema Buddhista mahāyāna, a partire dal V secolo dopo Cristo.

Gli yogin tantrici, conosciuti come personaggi eccentrici e al di fuori degli schemi di comportamento tradizionali, non sono affatto degli individui immorali; l’autentico yogin tantrika Γ¨ un praticante che Γ¨ andato oltre i concetti convenzionali di morale e immorale, in un terreno non duale. Gli autentici yogin tantrika hanno spiritualmente e concretamente trasceso l’ingannevole opposizione fra morale e immorale.

La differenza fra un tantrika e una persona dedita a comportamenti non etici sta nell’ attitudine di fondo. I tantrika non sono perciΓ² esseri malevoli o lussuriosi e non nuocciono intenzionalmente a nessuno.

Bisogna perΓ² ricordare che tali comportamenti apparentemente antisociali, sono spesso e volentieri dei mezzi abili per guidare i discepoli alla realizzazione e alla trascendenza. Tuttavia, se la dualitΓ  non Γ¨ stata compresa e trascesa dallo yogin, allora, questo dovrΓ  necessariamente attenersi alle convenzioni etiche proprie della cultura di appartenenza.

Per questa ragione, in molte scuole del Buddhismo Tantrico o Vajrayāna, l’apprendimento del neofita inizia, come in tutte le altre scuole buddhiste, con l’assunzione dei precetti etici del vinaya.

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