«Monaci, un monaco contempla questo corpo, comunque sia posizionato o diretto, come composto di elementi: ‘In questo corpo c’è l’elemento terra, l’elemento acqua, l’elemento calore, l’elemento vento.’»
(Satipaṭṭhānasutta, MN 10)
La pratica della meditazione, o più propriamente, della contemplazione, è un processo attraverso cui impariamo a coltivare quegli stati mentali, come ad esempio la consapevolezza, la gioia o la benevolenza, che sono alla base dell’esperienze di benessere e saggezza. Per questa ragione, questo genere di esercizi sono conosciuti, in ambito buddhista, con il temine «bhavana», traducibile con «coltivazione» o «sviluppo».
Nello specifico, la consapevolezza (sati) può essere coltivata informalmente durante le attività giornaliere, oppure, durante le sedute di meditazione, portando l’attenzione ad un oggetto di meditazione quale il respiro, oppure le parti del corpo, la camminata, eccetera. Fra i tanti tipi di meditazione, vi è anche quella relativa alla contemplazione dei quattro elementi o dhātu. In questo contesto, con «elemento» non ci si riferisce agli elementi chimici classificati nella Tavola Periodica di Mendeleev, ma bensì a certe qualità o caratteristiche proprie degli oggetti materiali in generale e del nostro corpo in particolare; queste qualità o caratteristiche sono direttamente esperibili attraverso l’osservazione consapevole.
Il vocabolo Pāli rūpa, può voler dire immagine, oggetto, ma anche materia o corpo. Un oggetto è definito rūpa in quanto soggetto per natura al disfacimento; rūpa deriva infatti dalla stessa radice etimologica dell’italiano ‘rompere’. Ogni rūpa, possiede quattro caratteristiche o modalità di comportamento:
1:Pathavī: L’elemento terra; āpo, l’elemento acqua; tejo, l’elemento fuoco; e vāyo, l’elemento vento. L’elemento terra rappresenta la qualità dell’inerzia, della pesantezza, e della resistenza; l’elemento acqua rappresenta la qualità della fluidità, della plasticità e della morbidezza; l’elemento fuoco simbolizza la qualità del calore, l’energia vitale; infine, l’elemento vento, rappresenta la dinamicità e il movimento. Oltre a questi quattro elementi, la fisiologia buddhista riconosce l’esistenza di altri due elementi: l’elemento spazio (Ākāśa) e l’elemento coscienza (viññāṇa) .
In merito alla contemplazione dei quattro o cinque elementi, il venerabile Sucitto afferma:
In primo luogo abbiamo quella che si definisce ‘terra’: la solidità o la sensazione di resistenza. L’impressione di fondo è quella di massa ed estensione. Quando sediamo, l’esperienza corporea manifesta una certa compattezza, una certa massa; è diverso dallo stare sospesi a mezz’aria, c’è una precisa qualità terrestre. In particolare, al termine dell’inspirazione e al termine dell’espirazione il flusso di energia raggiunge il limite e incontra una resistenza, viene fermato, trattenuto. Quindi quel punto di riferimento per l’attenzione è l’elemento terra. Quando inspiriamo è come se la terra si aprisse, e si ha la sensazione che la pressione, la resistenza del corpo si attenui; quando espiriamo la pressione aumenta e spinge fuori il respiro, ed è come se la terra si muovesse. Contemplando questo movimento si può rendere l’elemento terra costante e uniforme.
Il secondo elemento è l’acqua. Acqua è fluidità, è ciò che connette e che dà forma,ha una certa plasticità. Contemplando il processo respiratorio potrete notare che in effetti è un qualcosa di fluido, con le sue onde e increspature. Si nota con particolare evidenza nella parte intermedia, fra l’inizio e la fine dell’inspirazione e dell’espirazione. Se cogliamo quel particolare segno e lo ampliamo nella nostra mente vedremo che il senso del corpo come qualcosa di flessibile si accentua. Gli eventuali punti di tensione
e rigidità appariranno come un segno della relativa mancanza dell’elemento acqua. È ovvio che ciò non ha necessariamente a che vedere con il flusso d’aria in quanto tale. Mentre sedete in contatto col vostro corpo, centrati sul processo della respirazione, potrete notare ad esempio se il collo è rigido, se c’è tensione nella parte posteriore del cranio, se le spalle sono tese o le dita delle mani rattrappite o se c’è un
nodo nel plesso solare. O ancora, se state assumendo una postura che irrigidisce la parte bassa della schiena. Continuando a respirare, la pratica consiste in primo luogo nel notare questi nodi, queste esperienze tese nel campo corporeo – semplicemente toccarle con l’attenzione, sentire le sensazioni così come sono. Poi, senza andare direttamente al centro della sensazione ma restando ai margini, vedere se si può estendere quel margine a poco a poco, come se toccaste qualcosa di elastico e lo ingrandiste tirandolo pian piano per i bordi. Si può usare la percezione della fluidità del respiro per ammorbidire i contorni della sensazione, come se li massaggiaste con un olio o ci faceste scorrere sopra dell’acqua. Notate anche come una tensione in un punto qualunque del corpo si ripercuota ovunque, allo stesso modo in cui, se gettate un sasso al bordo di un lago, le onde viaggiano sull’intera superficie.
Poi c’è l’elemento fuoco, che si esprime come vitalità, luminosità e calore. A volte certe parti del corpo sono fredde o morte; ad esempio, fra il petto e il diaframma si avverte come una fascia di contrazione o di insensibilità, oppure ci si sente come intorpiditi dalla vita in giù, o sotto la gola. Il respiro possiede una sua vitalità, che possiamo contemplare. Con l’inspirazione c’è un movimento ascendente e come un accendersi. Potete accentuarlo, trattenendo il respiro per qualche attimo e poi, quando lasciate andare, l’onda ascendente sarà più forte. L’elemento fuoco è associato con la luce. A volte può essere utile tenere gli occhi aperti, il che avrà l’effetto di aprire la testa. L’energia della testa ha come qualità fondamentale la luce – luce dell’intelligenza, luce della vista – ed è in questa forma che l’elemento fuoco occupa la posizione più alta nel corpo. Il fuoco poi è anche l’accendersi dell’atto respiratorio nel punto più basso del corpo, per cui è associato alla rigenerazione, alla sessualità, al fuoco della creazione. Espirando, seguite il percorso del respiro e lasciate scendere l’attenzione fin nella base del corpo, fino al perineo dove è la fonte dell’energia nella sua forma più primitiva. Lasciate scendere il respiro gradualmente, come se voleste espirare dentro la terra. Quando l’espirazione è completa, una sorta di lieve fremito nella parte inferiore del corpo dà il via alle contrazioni muscolari che rimettono in moto il processo respiratorio incamerando aria. Anche questo è l’elemento fuoco. Potete contemplarlo così.
Il quarto elemento è l’aria. Aria è l’impressione del subitaneo tocco e sfioramento delle sensazioni. Nulla resta per più di un istante, come l’aria che non si ferma un istante, come un vento che soffia senza posa. Inspirando ed espirando, notate il flusso d’aria principale rappresentato dal respiro; poi attorno a quello subitanei formicolii, pulsazioni e vibrazioni che viaggiano lungo il corpo. Sono come uccellini che seguono uccelli più grossi. Mentre inspirate ed espirate potete avvertire la leggerezza dell’incarnazione, percepirla come una cascata di sensazioni estremamente fuggevoli, esperienze estremamente fuggevoli che si intrecciano e scorrono. Lo notate con particolare evidenza nell’area del petto. I polmoni contengono minuscoli sacchetti che gradualmente si aprono e si estendono, come tanti uccellini che spiegano le ali. Potete contemplare la leggerezza di questa grande camera d’aria che è la gabbia toracica.
Infine lo spazio, il quinto elemento. Dovreste notarlo particolarmente nella gola. Questo perché la funzione dello spazio è lasciare che tutto lo attraversi, senza far nulla di particolare. Come la gola, che è un po’ una zona di passaggio senza funzioni attive come digerire e via dicendo. Spazio è una sensazione di apertura dove tutto è ignoto, tutto è possibile. Nel momento presente questa è una verità, non sappiamo cosa verrà dopo, cosa c’è stato prima: semplicemente ci apriamo al presente. Questa disposizione a restare aperti, a essere presenti, è influenzata dal modo di tenere il collo e la testa. Notate in particolare quando c’è tensione nei muscoli del collo, come questo si associ spesso alle pressioni del vivere quotidiano. In Inglese, se uno è molto efficiente si dice che ha ‘la testa dura’ [hard-headed]. Noi invece cerchiamo di tenerla aperta la testa. Ossia, dato che il collo, la mascella, gli occhi tendono di norma a chiudersi e contrarsi, bisogna respirarci dentro di continuo, come a volerli aprire ammorbidire. L’effetto si ripercuoterà naturalmente giù nelle spalle e nelle mani, che cominciano a sentirsi più leggere e a decontrarsi. Quando nelle spalle, nel collo e nella testa c’è meno tensione il petto è libero di muoversi verso l’alto quando si respira e diventa leggero e rilassato. Sciogliendo il collo la tensione non viaggia più lungo la spina dorsale fino all’area lombare, di conseguenza anche il plesso solare può cominciare a rilassarsi. Perciò, questi elementi sono tutti di grande importanza nel favorire un senso di chiarezza rispetto all’esperienza corporea. Siamo disposti a essere presenti, a partecipare pienamente alla pratica. Non la stiamo usando solo per sbarazzarci di certe cose che non ci piacciono. Cominciamo a partecipare pienamente alla vita del corpo, e invece di esigere che ci dia questo o quello la risaniamo attraverso la nostra pratica meditativa. Il corpo torna a essere quello che è per natura, un insieme di elementi in armonia. Il Buddha vedeva uno stretto rapporto fra il benessere fisico e quello mentale. Ad esempio spiegava che vivere in modo etico ci libera da ansia e rimorso, e dalla tensione e agitazione che ne conseguono. Essendo liberi da tensione e agitazione ci si rilassa e si prova benessere fisico. Rilassamento e benessere fisico ci fanno sentire felici. E la mente di una persona felice inclina spontaneamente al
samādhi, non c’è bisogno di costringerla a concentrarsi. La mente diventa calma e
raccolta quando ci si sente a proprio agio e pienamente vivi.
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