Cūḷadukkhakkhandhasutta

Cūḷadukkhakkhandhasutta

Il Piccolo Discorso Sulla Massa della Sofferenza

Majjhima Nikāya 14
(Prima Parte)

Il re dei Sakya Mahānāma, perplesso di come nonostante la sua lunga pratica, provi ancora pensieri di bramosia, avversione e ignoranza, chiede consiglio al Buddha, il quale spiega lui l’importanza della coltivazione della gioia e benessere caratteristici della meditazione sui jhāna quale metodo per lasciare andare tali stati afflitti. Nella seconda parte del dialogo, il Buddha critica anche la pratica dell’automortificazione, raccontando di un precedente dialogo avuto con degli asceti giainisti.

***

Così ho udito. In una certa occasione il Beato dimorava tra i Sakya, a Kapilavatthu, nel Parco dei Banyan. Quindi, Mahānāma il Sakya si avvicinò al Beato, gli rese omaggio e si sedette da parte. Quando fu seduto da parte, Mahānāma disse al Beato:

“Signore, da lungo tempo ho compreso il Dhamma insegnato dal Beato in questo modo: ‘L’avidità è un contaminante mentale, l’odio è un contaminante mentale, l’ignoranza è un contaminante mentale’.

Signore, ed è così che io intendo il Dhamma insegnato dal Beato: ‘L’avidità è contaminante mentale, l’odio è un contaminante mentale, l’ignoranza è un contaminante mentale’.

Tuttavia, a volte la mia mente è sopraffatta dall’avidità, dall’odio e dall’ignoranza. Signore, mi chiedo: quale fenomeno non è stato da me abbandonato internamente, a causa del quale la mia mente a volte è sopraffatta dall’avidità, dall’odio e dall’ignoranza?”

“Mahānāma, c’è una cosa (dhammo) che non è stata da te internamente abbandonata, a causa della quale la tua mente a volte è sopraffatta dall’avidità, dall’odio e dall’ignoranza . Mahānāma, se quella cosa fosse stata da te abbandonata, non dimoreresti nella casa e non ti abbandoneresti alla sensualità; Ma poiché quella cosa non è stata da te abbandonata, tu dimori nella casa indulgendo nella sensualità.

‘La sensualità (kāmā) è poco gratificante, porta molta sofferenza e molta angoscia; il suo svantaggio è maggiore’.

Mahānāma, anche se un nobile discepolo avesse ben compreso ciò tramite la retta saggezza, se egli non ha ancora realizzato quella gioia e benessere (pītisukha) alternativi al piacere sensuale e ai fenomeni malsani o realizzato qualcosa di più pacificante di ciò, allora egli potrà essere soggetto al ritornare al piacere sensuale.

Ma quando, Mahānāma, un nobile discepolo ha ben compreso tramite la retta saggezza che ‘la sensualità è poco gratificante, porta molta sofferenza e molta angoscia e che il suo svantaggio è maggiore’, e ha realizzato quella gioia e benessere alternativi al piacere sensuale e ai fenomeni malsani, o realizzato qualcosa di più pacificante di ciò, allora egli potrà affrancarsi dalla sensualità.

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