Riflessioni su passato, futuro e presente.

SIGI.jpg

 

«Cakkhuñcāvuso, paṭicca rūpe ca uppajjati cakkhuviññāṇaṃ, tiṇṇaṃ saṅgati phasso, phassapaccayā vedanā, yaṃ vedeti taṃ sañjānāti[1], yaṃ sañjānāti taṃ vitakketi[2], yaṃ vitakketi taṃ papañceti, yaṃ papañceti tatonidānaṃ purisaṃ papañ­ca­saññā­saṅ­khā[3] samudācaranti atī­tā­nāga­ta­pac­cup­pan­nesu cak­khu­viññeyyesu rūpesu.»

 
«Amico, sulla base dell’interazione fra la vista ed un oggetto visivo sorge la cognizione visiva; la concomitanza dei tre è il contatto; il contatto determina la sensazione; ciò che si sente viene riconosciuto, e su ciò che si riconosce si rimugina; ciò che viene rimuginato da adito alla proliferazione, e per via di ciò, l’individuo viene sommerso dalla proliferazione concettuale [nata] dalla percezione di oggetti visivi relativi al passato, al futuro o al presente».

(Madhupindika sutta)

 
“Dimora nel momento presente!” è lo slogan tanto in voga oggigiorno nell’ambito di quella nuova spiritualità consu-mistica sottoprodotto del sistema capitalistico imperante che sta sempre più prendendo piede, fagocitando e deformando a proprio uso e consumo quanto di meglio le millenarie tradizioni sapienziali orientali ed occidentali ci hanno lasciato.
 
Questo slogan, mutuato dalle parole del Buddha ed opportunamente decontestualizzato, sembra a prima vista allettante, in quanto promette di far dimenticare, una volta per tutte, i dolori relativi ad eventi passati che di tanto in tanto riaffiorano nella nostra mente presente (sic!), ed anche le angosce per un futuro incerto e precario.
Tuttavia, ad una più attenta analisi, noteremo che non è possibile cancellare il passato né smettere di progettare il futuro, anche per questioni strettamente pratiche.
 
Concettualmente, il presente esiste in relazione al passato ed al futuro. Vivere nel presente è possibile solo se quello stato di consapevolezza includa (anziché escludere), anche la memoria del passato e la facoltà di progettare il futuro.
Ad esempio, se domani mattina dovrò partire per un lungo viaggio, dovrò per forza di cose preparare oggi stesso la valigia con i vestiti che userò una volta arrivato a destinazione e mettere la sveglia onde evitare di perdere il volo; non potrò certamente farlo l’indomani, né evitare questa fase di preparazione.
 
La consapevolezza, per essere efficace e praticabile nel lungo periodo, deve essere inclusiva, arrivando ad includere anche il suo contrario: l’assenza di consapevolezza.
 
Negare il passato ed il futuro non è strutturalmente sostenibile per la nostra mente, che di fatto è un continuum del quale non possiamo conoscere né l’inizio né la fine. Questa affermazione, dal punto di vista del Buddha, non significa che non vi sia né un inizio né una fine (na atthi), ma solo che queste non possono essere viste o conosciute dalla mente umana. (na pannayati).
Presente, passato e futuro sono concetti (­saṅ­khā) impiegati per definire i tre momenti principali di questo continuum cognitivo (sota viññāṇa).
 
Il Saññā, (percezione, discriminazione, riconoscimento) è di fatto legato alla memoria: è possibile riconoscere un determinato fenomeno in quanto tale (vedo l’asse di legno sostenuto da quattro gambe definito ‘tavolo’ e lo riconosco come ‘tavolo’ sulla base dell’averlo già visto in precedenza). Senza la memoria della percezione passata non vi può essere l’elaborazione del vitakka, il cogitare della mente nel presente.
 
Ciò che realisticamente è possibile fare è allenarsi ad essere pienamente coscienti di quanta sta accadendo nella nostra mente-coscienza nel momento in cui ci ritroviamo a ri-cor-dare eventi del passato o a pro-gettare il nostro futuro.
 

 

Note:

1:Saññā: percezione, “percepire significa afferrare un segno di permanenza in qualcosa. La percezione ha la caratteristica di afferrare un simbolo. È con l’aiuto dei simboli che si riconosce qualcosa.”

(Apparentemente imparentato con il latino signo, gnum, segnare, indicare, contrassegnare, indicare).

2)Vitakka: riflessione, pensiero, pensare, raziocinio; Parente del Latino, trīcae intricare, complicare, imbrogliare e torquĕo, contorcere, tormentare, affliggere.

3) Papañcasaññāsankhā:

Papañca: proliferazione, complessità del pensiero, verbosità. Il commentario lo spiega semplicemente come sinonimo del desiderio, della concezione e dei punti di vista ma ha la peculiarità di sottolineare l’aspetto caotico, complesso del pensiero “La mente tende a vagabondare, in solitudine, attraverso il medium del pensiero. Quando il pensiero si distacca e rompe gli argini crea uno stato mentale illusorio che è papañca”.

 saññā: vide surpra.

Sankhā: concettualizzazione: dalla radice verbale khyā, il verbo khāyati, sembrar essere, apparire: letteralmente significa “numero”, “calcolo” anche denominazione, definizione, concettualizzazione: Ad esempio nel Niruttipatha Sutta SN 22.62 il Buddha afferma: “Qualunque forma sia passata, finita e trasformata è concettualizzata, etichettata come “era così””. Perciò Papañcasaññāsankhā indica la concettualizzazione, la descrizione che facciamo delle nostre esperienze nate dal fantasticare, dal rimuginare sulle percezioni.

3) Quali sono questi concetti? Ad esempio “io sono”, “io ero”, “io sarò”ecc… “La percezione della permanenza, caratteristica della mente concettuale, ci richiama lontano dalla realtà in un mondo di fantasia, con il risultato che si è sopraffatti e ossessionati da esso.”

Bhikkhu Ñānananda “Nibbāna the Mind Stilled cap.12.

Per le note esplicative: credit parziale :discorsidelbuddha.wordpress.com

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: